La volontà di cessazione di un rapporto di lavoro può essere comunicata anche verbalmente fatto salvo che il contratto di lavoro applicato non disponga diversamente. L’eventuale mancato rispetto della forma le rende invalide (sentenza Cassazione n. 664 del 13.6.95). Ovviamente, al fine di evitare disguidi di ogni sorta, è buona cosa che vengano comunicate per iscritto.
In generale è previsto dai contratti di lavoro che il lavoratore dimissionario comunichi al datore di lavoro la volontà di recesso dal rapporto “dando il preavviso”; periodo graduato in relazione al livello contrattuale di appartenenza ed all'anzianità di servizio. Durante tale periodo il rapporto prosegue regolarmente sino alla data di scadenza con tutte le obbligazioni annesse e connesse.
E’ anche possibile che il periodo di preavviso possa non essere lavorato. Ciò accade quando il datore di lavoro esenta espressamente il lavoratore da tale obbligo o, anche, quando il lavoratore nega la propria disponibilità a prestare la propria opera durante tale periodo. In quest’ultima ipotesi il lavoratore recedente ha l’obbligo di corrispondere al datore di lavoro la relativa indennità.
E’ anche il caso di sottolineare che non tutte le cessazioni di rapporto di lavoro sono soggette al preavviso.
Il preavviso non è dovuto durante il
periodo di prova, in caso di risoluzione consensuale, nei contratti a
tempo determinato (in cui la data di cessazione del rapporto è già prevista) ed in alcuni rapporti caratterizzati da libera recedibilità (
ad nutum) come per le collaboratrici familiari ed in caso di raggiungimento da parte del lavoratore dell’età pensionabile.
Pure non è previsto l’obbligo del lavoratore di dare il preavviso in caso di dimissioni per giusta causa. La ratiodi ciò è evidente. Il concetto di “giusta causa” prevede che il rapporto cessi per cause gravi che non consentano la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto. Nel caso di dimissioni si tratterebbe di un comportamento “grave” del datore di lavoro. In questa ipotesi non solo il lavoratore non è tenuto a dare il preavviso ma anche a ricevere l’indennità sostitutiva.
Casi particolari di “dimissioni” sono quelle delle lavoratrici madri e padri lavoratori. Coloro che si trovassero in questa condizione, e sino ad un anno di vita del bambino (o di accoglienza in caso di adozione), sono tenuti a darne conferma presso la Direzione Provinciale del Lavoro mediante un colloquio diretto (decreto legislativo 151 del 2001, articolo 55). Sono pure tenute a darne conferma entro un mese, pena la nullità, le dimissioni date da lavoratrice per matrimonio.
13/08/2012 22:53:07
Buongiorno, sono un barista apprendista a Torino da 2 anni e mezzo. sono andata in ferie per 20 giorni (le ferie che erano scritte nella mia bustapaga) e quando sono ritornata il mio capo non mi chiama piu al lavoro e non mi vuole pagare il mio stipendio e la quattordicesima. Mi dice che se non porto la lettera del licenziamento firmata non mi paga niente. Io oggi sono andata al lavoro per parlare con lui e l'ho registrato mentre mi diceva che se non gli porto la lettera del licenziamento non vedo nessun centesimo. Io adesso vorrei sapere cosa devo fare ? cosa posso fare ? in ferie sono andata con il suo accordo non ho fatto di testa mia.
20/08/2012 17:16:49
Se le cose stanno come dice, e non ho motivo di dubitarne, non firmi nessuna lettera di dimissioni e si rivolga subito ad un Avvocato o un Consulente del Lavoro o ad un'organizzazione sindacale per far valere i Suoi diriti. Non può essere licenziata se non per comprovata giusta causa o giustificato motivo ed ha diritto a terminare il periodo di apprendistato in corso. Naturalmente ha diritto a percepire tutte le spettanze maturate sino ad oggi e, nel caso di licenziamento anticipato rispetto alla naturale scadenza del periodo formativo, anche le retribuzioni sino a tale scadenza.
Dott. Claudio Zaninotto
Consulente del Lavoro
Studio Associato Zaninotto e Villani