Patto di prova: definizione
L’articolo 2096 del codice civile stabilisce che il patto di prova è l'accordo con il quale lavoratore e il datore di lavoro stabiliscono volontariamente che la definitiva instaurazione del rapporto di lavoro sia condizionata al preventivo esperimento di un periodo di prova.
Il patto di prova ha lo scopo di permettere sia al lavoratore sia al datore di lavoro di valutare la convenienza del rapporto di lavoro. Il lavoratore, in particolare, avrà l’opportunità di valutare l'esperienza e le condizioni lavorative offerte, mentre il datore potrà verificare le effettive competenze e l’attitudine del lavoratore ad integrarsi nel contesto produttivo aziendale.
Il contratto di lavoro ha pieno valore sin dall’inizio del periodo di prova ed in tale periodo sono pienamente validi diritti e gli obblighi delle parti (lavoratore e datore di lavoro). L’unica particolarità è che in tale periodo le parti possono recedere liberamente dal contratto senza obbligo di preavviso (con conseguente esonero dal pagamento della connessa indennità) e, secondo la giurisprudenza, di motivazione (Cassazione 12.3.1999, n. 2228).
Al termine della prova, in mancanza di recesso, la prosecuzione anche per breve periodo dell’attività lavorativa comporta l’assunzione definitiva del lavoratore ed il periodo prestato dal lavoratore si computa nell’anzianità di servizio.
Durata
Il periodo di prova non può in nessun caso superare:
a) 6 mesi per tutti i lavoratori - institori, procuratori, rappresentanti a stipendio fisso, direttori tecnici o amministrativi e impiegati di grado e funzioni equivalenti – (articolo 10 legge 604/66);
b) 3 mesi per tutte le altre categorie (articolo 4 regio decreto legge 13.11.1924, n. 1825).
I contratti collettivi solitamente fissano la durata del periodo di prova entro i limiti di legge (Cassazione 13 ottobre 2000 n. 13700), prevedendo in genere periodi di prova inferiori rispetto ai limiti legali.
Fermo restando il limite legale, nel contratto individuale i termini previsti dalla contrattazione collettiva possono essere ridotti, ovvero aumentati, se la particolare complessità delle mansioni affidate al lavoratore renda necessario, nell’interesse di entrambe le parti, un periodo più lungo di quello ritenuto normalmente congruo dalla contrattazione collettiva.
L'assunzione del prestatore di lavoro subordinato per un periodo di prova deve risultare da atto scritto e sottoscritto da entrambe le parti, a pena di nullità (codice civile art. 2096).
In caso contrario il patto di prova è nullo e viene considerato come non posto (Cassazione Sezioni Unite 9 marzo 1983 n. 1756). Il datore di lavoro, pertanto, non può licenziare un lavoratore per mancato superamento del periodo di prova se esso non ha sottoscritto la lettera di assunzione contenente la relativa clausola (Cassazione 24 gennaio 1997 n. 730).
In mancanza di una precisa disposizione legale, la giurisprudenza ritiene che il patto di prova debba essere firmato contestualmente alla stipulazione del contratto di lavoro e comunque prima della esecuzione dello stesso (Cassazione 3 giugno 2002 n. 8038).
La nullità che deriva dalla mancata o non contestuale stipulazione per iscritto del patto di prova comporta la definitiva instaurazione del rapporto di lavoro.
È ritenuta valida la proposta di assunzione che contenga gli elementi essenziali del contratto, compreso il patto di prova, e che sia stata sottoscritta in calce per ricevuta e accettazione, anche prima dell'inizio del rapporto.
La clausola che prevede il periodo di prova deve contenere l’indicazione delle precise mansioni affidate al lavoratore (Cassazione 10.10.2006 n. 21968). Ciò al fine di consentire al lavoratore di impegnarsi secondo un programma ben definito in ordine al quale poter dimostrare le proprie attitudini, ed al datore di lavoro di esprimere il proprio giudizio sull’esito della prova.
La mancanza della specifica indicazione delle mansioni costituisce motivo di nullità del patto, a prescindere dal livello contrattuale e dalla natura della mansione assegnata.
Il patto di prova può essere predisposto personalmente dai soggetti interessati (datore di lavoro e lavoratore).