Conciliazione imparzialità e riservatezza: definizione
Il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, nel disciplinare la
conciliazione, sia essa
obbligatoria che facoltativa, ha offerto alle parti della controversia delle garanzie che avvicinano il procedimento conciliativo al processo giurisdizionale innanzi al Giudice, pur nella diversità degli strumenti.
Prof. Avv. Claudio Cecchella
Ordine degli Avvocati di Pisa
Studio Cecchella e Soci
All’articolo 14 si impone al conciliatore-mediatore, ovvero colui che dirige e guida il procedimento di conciliazione tra le parti contendenti, l’obbligo di sottoscrivere una “dichiarazione di imparzialità”, dalla quale si arguisce che egli si deve trovare in una posizione di terzietà paragonabile a quella del Giudice, tanto che all’ultimo comma di quell’articolo è sancita la possibilità di una ricusazione del conciliatore-mediatore ad iniziativa di una delle parti.
Ad esso si accompagna il principio di riservatezza, sancito negli articoli 9 e 10, ove si impone all’organismo e al conciliatore-mediatore l’obbligo di non divulgare, né presso le parti, né presso terzi, siano essi un Giudice o un’autorità inquirente o amministrativa, le informazioni acquisite e le dichiarazioni rese dalle parti.
Il principio è rafforzato dal diritto del conciliatore-mediatore di astenersi dal testimoniare invocando il segreto professionale.
Ne consegue, altresì, che il verbale del tentativo non potrà mai contenere, proprio perché destinato ad essere oggetto di copia di una delle parti con produzione in giudizio, indicazioni relativamente alle informazioni acquisite o alle dichiarazioni rese dalle parti.