Negligenza medica: definizione
In campo sanitario, la condotta negligente o negligenza medica non è un concetto unitario poiché ogni valutazione in ordine a essa deve tener conto di numerosi fattori.
La responsabilità del medico deve essere infatti commisurata alla natura dell’attività prestata e, quindi, ogni valutazione in ordine all’attività svolta dal sanitario dovrà essere compiuta tenuto conto del grado di diligenza che il professionista deve adoperare in una determinata ipotesi. Rispetto all’attività medica si parla infatti di “diligenza qualificata”.
Nei casi di interventi di routine o di prassi mediche comuni, che non richiedono un tipo particolare di abilità tecnica o di specializzazione (essendo sufficiente una preparazione ordinaria), si ritiene che l’insuccesso dell’atto professionale (sia esso valutato in termini di risultato peggiorativo per la salute del paziente, sia in termini di mancato raggiungimento del risultato sperato) costituisca, di per sé, prova della non osservanza della regola tecnica.
Il mancato raggiungimento di un risultato positivo in questo tipo di interventi non è, quindi, considerato irrilevante, ma viene assunto come circostanza che fa presumere la negligenza nell’esecuzione della prestazione, nonché l’esistenza di un nesso causale tra la condotta negligente e l’evento lesivo.
In caso di negligenza medica sarà onere del sanitario provare, al fine di liberarsi da responsabilità, che l’insuccesso dell’operazione è dipeso da fattori imprevisti e imprevedibili o comunque non superabili mediante la diligenza media richiesta dall’articolo 1176, secondo comma, codice civile.
Nel caso in cui ci si trovi di fronte a un intervento di particolare difficoltà, o ad una patologia poco studiata, quando si prospettino sistemi diagnostici, terapeutici o chirurgici contrastanti, per dimostrare l’eventuale negligenza del sanitario si dovrà dimostrare con precisione il modo di esecuzione dell’intervento operatorio in tutte le sue fasi e l’eventuale dolo o colpa grave del medico.
L’articolo 2236 codice civile dispone, infatti, che “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”.
Per sottrarsi a responsabilità il medico dovrà provare (salvo ovviamente il caso del dolo) la propria diligenza parametrando la stessa alla difficoltà dell’intervento con le conoscenze tecnico-scientifiche necessarie per affrontare problemi di speciale difficoltà, indipendentemente dall’esito dell’operazione stessa.
