Affidamento dei figli: definizione
L'affidamento dei figli ha a che fare con la ripartizione
della responsabilità genitoriale sui figli minorenni nel caso in cui i genitori
non vivano insieme. Essa riguarda qualsiasi circostanza che comporti il termine
della convivenza dei genitori, sia per le separazioni e i divorzi di coppie
sposate, sia per le coppie di fatto. L'ordinamento italiano, in seguito alla
riforma del 2006, privilegia l'affidamento condiviso, in base al quale, quando
i genitori smettono di convivere, entrambi si vedono attribuiti in maniera
stabile l'esercizio della responsabilità genitoriale. Per la legge, il giudice
che pronuncia la separazione e i provvedimenti che ne conseguono è tenuto a
valutare la soluzione che prevede l'affidamento a tutti e due i genitori; nella
realtà, invece, la prassi comporta la necessità di pensare soprattutto
all'interesse del minore, il che vuol dire che in alcuni casi si può arrivare
anche all'affidamento a uno solo dei genitori.
In cosa consiste l'affidamento?
Molto semplicemente, esso rappresenta il provvedimento
tramite cui il giudice che si occupa della separazione dei coniugi stabilisce a
quale dei due i figli debbano essere affidati, tenendo conto unicamente
dell'interesse materiale e dell'interesse morale dei figli stessi, a
prescindere dall'esito di un giudizio eventuale relativo all'addebitabilità
della separazione. Ciò vuol dire, per esempio, che una moglie che tradisce il
marito, inducendolo quindi alla separazione, può comunque ottenere
l'affidamento dei figli se il giudice ritiene che, con l'affidamento al marito,
i minori non verrebbero tutelati in maniera adeguata.
1. Quali sono le tipologie di affidamento previste dalla legge?
Prima del 2006 nel nostro Paese la regola generale faceva riferimento
unicamente all'affidamento esclusivo, per cui l'esercizio
della potestà del genitore non affidatario era limitata; era prevista, poi, la
possibilità di un affidamento congiunto, che in ogni caso costituiva
un'eccezione piuttosto rara. Nel 2006, invece, è stato introdotto l'affido
condiviso, ed è stato sancito il principio della bi-genitorialità: in pratica,
i figli hanno il diritto di mantenere rapporti equilibrati con tutti e due i
genitori anche dopo che questi hanno smesso di convivere. Oggi, quindi, la
principale forma di affidamento dei figli è rappresentata dall'affido
condiviso.
2. Il minore può esprimere la propria opinione?
Il giudice, nel momento in cui si trova a emanare i provvedimenti
riguardanti i figli, può decidere di utilizzare qualunque mezzo di prova reputi
necessario. Il decreto legislativo numero 154 del 2013 ha reso l'ascolto
del minore obbligatorio, a meno che tale circostanza non sia ritenuta
evidentemente inutile o possa creare dei danni nei suoi confronti. L'audizione
può avvenire in sale di ascolto specifiche, con vetri a specchio che consentano
ai genitori, ed eventualmente ai loro avvocati, di assistere. Nel caso in cui
non vi siano strutture dotate di queste caratteristiche, i genitori hanno la
possibilità di prendere parte ai colloqui unicamente se ricevono, in proposito,
un'autorizzazione da parte del giudice. Prima del decreto legislativo del 2013,
l'audizione del minore era prevista se questi aveva più di dodici anni o
comunque se veniva considerato in grado di capire la situazione dei genitori:
in realtà, la prassi era ben diversa da quel che era prescritto dalla legge.
Per questo la novità del 2013 si è rivelata molto utile, anche perché quello di
ascoltare il figlio è un bisogno da cui non si può prescindere, anche per
conoscere la sua volontà.
3. Cosa succede in caso di affidamento congiunto?
Con la presentazione della domanda di separazione vengono
stabiliti anche i vincoli relativi alla permanenza del figlio con i genitori,
in modo tale che il rapporto possa essere mantenuto costante con entrambi. Si
può optare per intere settimane alterne, per week end lunghi o per alternanze
di giorni, a seconda dei casi.