Affidamento condiviso dei figli: definizione
L’affido condiviso è stato introdotto dalla legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 e ha innovato profondamente la materia. Prima della citata legge la regola generale prevista per i figli in caso di separazione dei coniugi era un affidamento “monogenitoriale”, ossia il minore veniva affidato al solo genitore ritenuto più idoneo a garantire lo sviluppo della personalità, con la conseguenza di dotarlo di potestà esclusiva in merito a educazione, cura e istruzione, mentre il genitore non affidatario manteneva la potestà congiunta sulle scelte più importanti e quelle riguardanti la straordinaria amministrazione. Di fatto l’applicazione di questa regola comportava quasi nel 90% dei casi l’affidamento alla madre dei minori.
Con la legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 viene invertita la regola generale e, pertanto, l’affidamento è “bigenitoriale” ossia viene sancito il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori continuando a vivere in maniera alternata con entrambi i genitori, viene inoltre elevato a diritto il mantenimento di rapporti significativi con i nonni e gli altri parenti di ciascun genitore che non sono più solo un valore morale.
L’affidamento esclusivo a un solo genitore, pertanto, non scompare, ma diventa un'ipotesi residuale applicabile qualora l’interesse del minore sia pregiudicato dall’affido condiviso.
Avv. Simone Scelsa
Ordine degli Avvocati di Milano
ACCMS Studio Legale
Il Giudice che pronuncia la separazione dei coniugi deve, nella parte della sentenza dedicata ai provvedimenti riguardanti la prole, come regola generale, prediligere l’affidamento condiviso.
Il professionista a cui rivolgersi è l’avvocato.