Falso in atto privato: definizione
Il falso in atto privato è un reato previsto dall'articolo
485 del Codice Penale che si configura nel momento in cui una persona forma una
scrittura privata falsa, in tutto o in parte, o altera una scrittura privata
vera, allo scopo di procurare un vantaggio a sé o ad altre persone, oppure di
danneggiare altri. Il reato viene punito con un periodo di reclusione che può
andare da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni.
Che cosa si intende per alterazione di una scrittura privata?
Rientrano nel novero delle alterazioni anche le aggiunte
che vengono apposte falsamente a una scrittura vera quando questa è già stata
formata definitivamente. Secondo la Cassazione, non ha alcun rilievo il fatto
che la persona di cui viene falsificata la firma fornisca il proprio consenso
o, comunque, sia acquiescente con la situazione. Ciò è dovuto al fatto che l'oggetto
della tutela penale non è unicamente l'interesse della persona offesa, della
quale è stata falsificata la firma, ma anche la fede pubblica, che risulta
compromessa quando la persona che mette in atto il falso in scrittura privata
procura un vantaggio per sé o arreca un danno a un'altra persona utilizzando la
contraffazione. Per l'integrazione del dolo specifico, inoltre, non è
necessaria la volontà di perseguire finalità non lecite, in quanto l'oggetto
consiste nell'ottenere un vantaggio di qualunque genere, sia esso illegittimo o
legittimo.
1. Come si stabilisce se un documento rientra in questa fattispecie di reato?
In effetti, la domanda è interessante, perché sia nel Codice Penale che nel
Codice Civile si parla di documento in maniera generica, ma
non viene fornita una definizione precisa. Non resta altro da fare, quindi, che
prendere spunto dalla nozione comune di documento, da intendersi come ciò che
rappresenta materiale di informazione, o, in altre parole, qualsiasi prodotto
che ha un'esigenza di autenticità. Un documento, quindi, può essere
identificato come un oggetto che ha lo scopo di far conoscere un avvenimento, e
si distingue dal testimone perché quest'ultimo non è una cosa ma una persona.
Si può distinguere, inoltre, tra documento dispositivo e documento narrativo:
il primo include delle manifestazioni di volontà e di pensiero che sono
destinate a generare degli effetti giuridici, mentre il secondo si limita,
semplicemente, all'esposizione di un evento.
2. E che cos'è, invece, una scrittura privata?
In questo caso, il legislatore è più chiaro, ma non troppo, nel senso che
effettua una distinzione tra gli atti pubblici e le scritture private,
considerando queste ultime come tutti i documenti che non possono essere
considerati atti pubblici. Un atto pubblico è un documento che viene redatto da
un pubblico ufficiale autorizzato, come per esempio un notaio, che gli
attribuisce pubblica fede nel posto in cui è formato. Come detto, quindi, la
nozione di scrittura privata si può ottenere semplicemente dal
negativo della nozione di atto pubblico: sono scritture private tutti i
documenti che provengono da soggetti che non sono incaricati di pubblico
servizio né pubblici ufficiali.
3. Tutti i documenti che non sono atti pubblici sono scritture private?
La giurisprudenza si divide su questo punto, ma
l'orientamento prevalente è quello che estende la nozione di scrittura privata
ben oltre gli atti estintivi, modificativi o costitutivi di un diritto
soggettivo, ampliandolo a tutte quelle scritture che, almeno potenzialmente,
sono in grado di generare degli effetti rilevanti dal punto di vista giuridico,
siano essi dannosi o vantaggiosi per un soggetto specifico.
4. La falsificazione è sufficiente perché si configuri il reato?
No, da sola la falsificazione non basta: affinché la fattispecie legale si
realizzi, alla falsificazione deve seguire l'uso del documento
alterato o contraffatto. L'utilizzo, quindi, non è una condizione di punibilità
del fatto, ma è un elemento costitutivo del delitto in questione.