Violazione di sigilli: definizione
La violazione
di sigilli è un reato previsto dall'articolo 349 del Codice Penale, che
stabilisce una pena da sei mesi a tre anni di reclusione (con una multa da 103
a 1032 euro) per chiunque violi i sigilli apposti per ordine dell'Autorità o
per disposizione della legge con lo scopo di garantire l'identità o la
conservazione di una cosa. La pena è aumentata (reclusione da tre mesi a cinque
anni e multa da 309 a 3098 euro) nel caso in cui il colpevole sia il soggetto
che ha la cosa in custodia. Devono essere intesi come sigilli tutti i segni
esteriori identificativi posizionati su una cosa immobile o su una cosa
mobile con l'intento di dimostrare il divieto, imposto dalla pubblica
amministrazione, di manomissione o di disposizione di quella cosa. Vale la pena
di precisare che nel dispositivo dell'articolo 349 del Codice Penale è presente
la specifica locuzione "assicurare la conservazione o l'identità di una
cosa", a proposito della quale - però - vi è una divergenza di vedute e di
interpretazioni: alcuni, infatti, optano per un'interpretazione restrittiva,
che non include i casi in cui i sigilli vengano apposti con il solo obiettivo
di evitare la continuazione di un'attività non lecita, mentre altri puntano su
un'interpretazione più ampia.
1. I sigilli devono essere sempre "materiali"?
No, come
mette in evidenza la sentenza n. 24684 del 2015 della Corte di Cassazione,
secondo la quale non è necessario, ai fini della configurabilità del reato di
violazione dei sigilli, che gli stessi siano stati apposti materialmente o che
siano stati rimossi o rotti, dal momento che è sufficiente l'esistenza
di uno o più atti che rendano manifesta la volontà, da parte dell'Autorità
pubblica, di garantire la cosa sequestrata e di tutelarla contro qualsiasi
manomissione o condotta di disposizione compiuta da soggetti non autorizzati.
In pratica, l'oggetto della tutela penale è l'interesse pubblico ad
assicurare il rispetto di una certa cosa immobile o mobile per garantire la sua
consistenza oggettiva, la sua identità e la sua conservazione. La sentenza si
riferisce, nel caso specifico, a un sequestro di un immobile che era stato
oggetto di lavori abusivi. Un'altra sentenza che conferma tale interpretazione
è la n. 3133 del 2014.
2. Qual è il momento in cui si consuma il reato di violazione dei sigilli?
Il momento
consumativo del reato può essere identificato nell'accertamento eseguito
sulla base di considerazioni logiche, di elementi indiziari o di fatti noti, a
meno che non venga provata la sussistenza di circostanze anomale o particolari
in grado di favorire la confutazione della valutazione di presunzione e, di
conseguenza, di mettere in dubbio l'epoca in cui il fatto è stato
commesso.
3. Anche un custode che non vigila come dovrebbe commette il reato?
Sì, come
indicato dalla sentenza n. 35956 del 2010 della Cassazione, che evidenzia -
appunto - che il custode di un bene posto sotto sequestro che non ha
vigilato in maniera adeguata sull'integrità dei sigilli apposti può essere
chiamato a rispondere del reato di violazione di sigilli, anche se il custode
in questione risiede in un altro luogo rispetto a quello in cui si trova il
bene sequestrato.