Peculato: definizione
Il peculato è un reato previsto dal diritto penale
italiano: l'articolo 134 del Codice Penale stabilisce che lo commette chi, in
qualità di incaricato di pubblico servizio o di pubblico ufficiale, si
appropria di denaro o di una proprietà altrui potendo disporne in virtù del suo
servizio o del suo incarico. La pena prevista è la reclusione, da un minimo di
quattro a un massimo di dieci anni. La competenza spetta al tribunale
collegiale, mentre la procedibilità è di ufficio.
Che cosa caratterizza il peculato?
Il peculato non è altro che una appropriazione indebita
di soldi o di "altra cosa mobile" che sia in possesso o nella
disponibilità del pubblico ufficiale nel momento in cui consuma il reato o
tenta di consumarlo. Questa fattispecie delittuosa include anche la semplice
detenzione, la distruzione o l'alienazione indebita del denaro. La
giurisprudenza, in genere, facendo riferimento al principio della punibilità
delle condotte che possono essere considerate concretamente offensive, ritiene
che il reato non sussista nel caso in cui l'appropriazione riguardi oggetti
senza alcun valore economico o comunque caratterizzati da un valore così
modesto che chi ne subisce la perdita non veda minimamente lesa l'integrità del
proprio patrimonio.
Che cos'è il peculato di vuoto cassa?
Una particolare forma di peculato è il cosiddetto peculato di vuoto
cassa, che si verifica nel momento in cui il colpevole del reato si
appropria di una certa quantità di soldi o di proprietà specifiche avendo
comunque intenzione di restituirli prima del rendiconto.
1. Perché si chiama peculato? Che cosa significa?
Il termine "peculato" ha origini molto antiche, risalenti a circa
due millenni fa: tale reato, infatti, faceva già parte dell'ordinamento
giuridico romano. La parola "peculato" deriva, quindi, dal
latino "pecus", vale a dire "gregge": ai tempi, infatti,
l'appropriazione indebita non aveva a che fare con il denaro pubblico, ma riguardava
il frutto di bestiame pubblico.
2. Perché è previsto il reato di peculato?
L'oggetto della tutela penale non va individuato unicamente
nella tutela del prestigio degli enti pubblici e del loro regolare
funzionamento, ma anche nello scopo di impedire che la pubblica amministrazione
subisca dei danni patrimoniali concreti. Proprio per questo motivo, il dolo non
viene considerato come generico ma specifico, in quanto, oltre al funzionamento
degli enti pubblici, va a ledere anche il funzionamento della pubblica
amministrazione.
3. Che differenza c'è tra peculato e peculato d'uso?
Il peculato d'uso è previsto dal comma 2 dell'articolo 314
del Codice Penale, e consiste nell'appropriazione, da parte di un incaricato di
pubblico servizio o di un pubblico ufficiale, di una certa proprietà con
l'obiettivo di usarli sono momentaneamente, per poi restituirli in seguito.
Questa fattispecie, come si può immaginare, può sussistere solo con le cose
mobili cosiddette non fungibili, e non con il denaro, che viene definito bene
fungibile. Il caso tipico di peculato d'uso è quello di un pubblico ufficiale
che usa un'auto di servizio per fini privati: in questa situazione, ovviamente,
non intende rubarla, ma semplicemente appropriarsene per un certo periodo di
tempo. Per il peculato d'uso la pena prevista è la reclusione, da un minimo di
sei mesi a un massimo di tre anni.
4. Esistono altre fattispecie di peculato?
Sì, un altro esempio di peculato è il cosiddetto peculato mediante
profitto dell'errore altrui, reato previsto dall'articolo 316 del
Codice Penale. Esso si verifica nel momento in cui, nell'esercizio delle
proprie funzioni, un pubblico ufficiale riceve denaro o altre utilità in
maniera indebita, trattenendoli per sé o per un'altra persona, in conseguenza
di un errore altrui (spontaneo; se è indotto, si concretizza una truffa). In
questo caso, così come per il peculato d'uso, la pena prevista è la reclusione,
da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni.