Controversie internazionali conciliazione e arbitrato: definizione
La
conciliazione e l’arbitrato rappresentano due vie alternative per la risoluzione delle controversie
internazionali. L’arbitrato è un mezzo di soluzione pacifica e ha per oggetto
il regolamento di liti tra Stati, sulla base del rispetto del diritto, per
opera di giudici scelti dagli Stati stessi: ciò presuppone che, nel momento in
cui ci si affida all’arbitrato, ci si impegni ad assoggettarsi alla pronuncia
in buona fede. In sostanza, gli Stati decidono di dirimere una controversia,
che può essere sia presente che futura, attraverso la decisione di arbitri: si
tratta di una forma di regolamento giudiziale, dal momento che la procedura
arriva a termine con una sentenza arbitrale la cui efficacia è obbligatoria per
le parti in causa. Per questo motivo l’arbitrato differisce rispetto ai mezzi
diplomatici di soluzione, i quali si concludono con un accordo tra le parti. La
conciliazione è, per l’appunto, un mezzo diplomatico di soluzione delle
controversie internazionali. Le commissioni di conciliazione in genere sono
formate da Stati e da individui: il loro incarico è quello di prendere in esame
i vari aspetti della controversia per poi avanzare una proposta di soluzione. Tale
proposta può essere rifiutata o accettata dalle parti. Prima di ricorrere alla
conciliazione si è solito ricorrere all’arbitrato, a maggior ragione nei
trattati multilaterali, ma va detto che la conciliazione sempre più di
frequente diventa obbligatoria: il che vuol dire che uno degli Stati contraenti
ha la possibilità di dare avvio alla procedura conciliativa in maniera
unilaterale.
Come devono
essere gestite le controversie che derivano dai contratti internazionali?
Come si può
facilmente immaginare, nella redazione di un contratto internazionale
l’individuazione dei modi di risoluzione delle controversie che eventualmente
possono scaturire tra le parti ha un ruolo fondamentale: lo scopo è quello di
prevedere un sistema di risoluzione che risulti equilibrato il più possibile, e
pertanto permetta di non avvantaggiare né una parte né l’altra. In effetti, non
di rado si verifica la circostanza per la quale la parte più forte
contrattualmente precostituisca una situazione favorevole alle proprie
esigenze.
1. Cosa fa il giudice?
Nel momento in cui il giudice reputi non necessario un ordine di modifica,
di rettifica o di integrazione della domanda, questa viene valutata, in modo
tale che possa essere accolta (con ingiunzione di pagamento) o rigettata
a seconda delle circostanze. Nel caso in cui ci fosse un rigetto, deve essere
precisato il motivo ostativo che ha portato a tale decisione, e che va
comunicato al creditore.
2. Quali possono essere i motivi ostativi che portano al rigetto della domanda?
Sono molti i potenziali motivi ostativi: la domanda può
essere rifiutata, per esempio, perché non sono stati rispettati tutti i requisiti
necessari per la sua presentazione, oppure perché il credito che viene preteso
non è di tipo pecuniario, o ancora perché si tratta di una controversia non
transfrontaliera. Un altro motivo ostativo può essere che il credito è
palesemente infondato; da considerare anche i casi in cui il giudizio verta su
una materia esclusa, i casi di credito non liquido, i casi di incompetenza
giurisdizionale, i casi di credito non esigibile, i casi di domanda non
completa o i casi di domanda errata. Infine, una domanda può non essere accolta
perché la proposta del giudice conseguente a una domanda parzialmente
ricevibile non è stata accettata o perché la domanda non è stata corretta nei
termini specificati dal giudice. A prescindere dalla motivazione del rigetto,
la pronuncia in questione non può essere impugnata; nulla vieta, in ogni caso,
di riproporre la domanda, che sia con una procedura ordinaria o con una
procedura europea a seconda delle circostanze.
3. Tutte le controversie sono arbitrabili?
No, non
tutte lo sono: in casi specifici, infatti, la legge riserva materie specifiche
alla cognizione esclusiva dei giudici interni, cosicché per queste
materie non è efficace la scelta dell’arbitrato. In tali circostanza, per la
risoluzione della disputa non c’è altro modo che ricorrere in sede
giurisdizionale.
4. Quali sono i vantaggi offerti dall’arbitrato?
È proprio
nelle controversie internazionali che l’arbitrato mette in evidenza tutti i
vantaggi che lo caratterizzano, visto che in queste situazioni sono in
conflitto soggetti che non solo parlano lingue differenti, ma che appartengono
anche a ordinamenti giuridici distanti e a culture diverse. Ecco perché
la soluzione arbitrale è indicata: prevede, infatti, la facoltà di dare vita a
collegi misti, che siano formati da arbitri selezionati negli Stati a cui
appartengono tutti i contraenti. Per fare sì che in una controversia
internazionale si possa fare riferimento alla procedura arbitrale è
indispensabile inserire la cosiddetta clausola compromissoria all’interno del
contratto. In ogni caso, il compromesso arbitrale permette alle parti di
sottoporre una eventuale controversia alla decisione di arbitri anche
successivamente al momento in cui la controversia stessa insorge. Il
compromesso è un contratto di diritto privato che assegna agli arbitri l’incarico
di emettere una decisione (il lodo).