Impugnazioni penali: definizione
Le impugnazioni penali sono un rimedio giuridico disciplinato nel libro IX del codice di procedura penale: tale rimedio viene concesso dall’ordinamento alle parti processuali allo scopo di rimuovere l’esito di un provvedimento ritenuto erroneo di un giudice. Tale provvedimento può essere sbagliato o per un vizio di diritto o per un vizio di fatto: i vizi di diritto hanno a che fare con una applicazione non corretta al caso concreto della disciplina giuridica, con una applicazione non corretta delle norme processuali, con una applicazione non corretta delle norme sostanziali o con una interpretazione normativa non corretta; i vizi di fatto, invece, hanno a che fare con la divergenza tra la ricostruzione logica e giuridica effettuata dal giudice nel suo provvedimento e la dinamica dei fatti che si sono verificati storicamente. Le impugnazioni penali possono essere distinte in ordinarie o straordinarie: le prime sono quelle esperibili per decisioni che non sono ancora passate in giudicato, mentre le seconde sono quelle relative a provvedimenti che sono già passati in giudicato. In sostanza, fanno parte delle impugnazioni ordinarie l’appello e il ricorso in Cassazione, mentre l’impugnazione straordinaria è la revisione.
Come è articolato il sistema delle impugnazioni?
Il sistema delle impugnazioni, a dispetto del fatto che la Costituzione segnali solo un riesame di legittimità delle sentenze, è articolato in tre gradi di giurisdizione in senso verticale: ci sono due gradi di merito, che corrispondono al tribunale collegiale o monocratico e alla Corte d’appello, e un grado di legittimità, che corrisponde alla Cassazione. Oltre a questi tre gradi c’è, come detto, la revisione, che è un mezzo di impugnazione straordinario.
Un avvocato penalista.
