Impresa familiare: definizione
Secondo l'articolo 230 bis del codice civile, un'impresa familiare è
un istituto giuridico che regola i rapporti all'interno di un'impresa nel
momento in cui un familiare dell'imprenditore vi presta la propria opera in
maniera continuativa. Tutelata a partire dal 1975 grazie alla riforma del
diritto di famiglia con l'intento di garantire diritti a parenti e affini degli
imprenditori, identifica tutte le imprese in cui collaborano non solo il
coniuge e i parenti entro il terzo grado, ma anche gli affini entro il secondo
grado o le persone unite civilmente all'imprenditore. La legge sulle unioni
civili, infatti, ha parificato - in pratica - il soggetto unito civilmente al
coniuge: tuttavia non è stato necessario modificare il codice civile.
In che cosa consiste un'impresa familiare?
Ogni impresa familiare deve essere considerata come un'impresa
individuale. Ciò vuol dire che l'imprenditore è il solo proprietario dei
beni dell'impresa e il solo responsabile per le obbligazioni che derivano
dall'attività di impresa; d'altro canto, un suo eventuale fallimento non
implica il fallimento degli altri familiari che partecipano all'impresa, i
quali - per altro - non hanno la facoltà di fare annullare le decisioni che
l'imprenditore ha preso a proposito degli atti di gestione riservati a loro. In
ogni caso, i familiari possono comunque chiedere che il danno subìto venga
risarcito.
1. Quali sono i diritti che spettano ai familiari degli imprenditori?
In un'impresa familiare, i diritti che spettano ai familiari
riguardano il mantenimento, la partecipazione alla gestione dell'impresa, la
partecipazione agli utili, il diritto di prelazione e il trasferimento dei
diritti di partecipazione. Oltre al diritto al mantenimento in funzione della
condizione patrimoniale della famiglia, quindi, i familiari possono godere dei
diritti che derivano dalla partecipazione all'impresa familiare, i quali
non possono essere trasferiti se non nel caso in cui il trasferimento avvenga a
favore di un altro familiare che partecipi all'impresa, e a condizione che vi
sia il consenso di tutti gli altri. A prescindere dal motivo per cui si
verifica, la liquidazione dei diritti di partecipazione può essere erogata
anche in denaro. I familiari che collaborano in maniera continuativa in un'impresa
familiare, inoltre, partecipano agli utili di tale impresa e agli
incrementi, sempre in rapporto alla qualità e alla quantità del lavoro che
viene prestato. Infine, essi partecipano anche alle decisioni che riguardano
gli indirizzi produttivi, la gestione straordinaria, l'impiego degli
incrementi, l'utilizzo degli utili e la cessazione dell'impresa.
2. Qual è il presupposto per l'applicazione delle norme in materia di impresa familiare?
Tale presupposto è rappresentato dalla prestazione dell'attività lavorativa
da parte del familiare. Le attività che rientrano in questo ambito di
applicazione sono quelle che possono essere previste per un rapporto di lavoro,
sia esso autonomo o subordinato: occorre, però, che le attività siano svolte in
modo continuativo, e non occasionale o saltuario. I diritti acquisiti dai
familiari sono di carattere economico, mentre il comma quinto dell'articolo 230
bis fa riferimento anche al diritto di prelazione sull'azienda, che si
concretizza nel momento in cui l'azienda viene trasferita o si verifica una
divisione ereditaria. Anche se gli oneri fiscali relativi al reddito di impresa
possono essere distribuiti tra varie persone, la responsabilità grava comunque solo
sull'imprenditore: è lui che risponde nei confronti degli eventuali creditori
con i propri beni, ed è sempre lui che - in caso di insolvenza - fallisce.