Trasferimento lavoratore: definizione
L’articolo 2103, comma 1, secondo periodo, del Codice Civile attribuisce, altresì, al datore di lavoro il potere di modificare il luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, in presenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Affinché possa parlarsi di trasferimento, ai sensi della citata norma, è richiesto il mutamento definitivo del luogo di esecuzione dell’attività lavorativa (e non una semplice trasferta) ed, inoltre, che lo “spostamento” territoriale non avvenga all’interno della stessa unità produttiva: in altre parole, molto spesso nella pratica vi è trasferimento in questo senso solo al di fuori della provincia di antecedente assegnazione. I contratti collettivi possono prevedere altri presupposti di legittimità del trasferimento.
La comunicazione del trasferimento del lavoratore, come pure la richiesta dei motivi e la relativa risposta, in difetto di una diversa previsione, sono assoggettate al principio generale di libertà delle forme (Cassazione n. 109 dell’08.01.2004).
Il lavoratore, ove ritenesse non sussistenti i presupposti di legge al fine della legittimità del trasferimento, potrà utilmente rivolgersi ad un avvocato giuslavorista al fine di ricevere consulenza ed assistenza.
Va tuttavia tenuto presente che il cosiddetto Collegato al Lavoro ha introdotto, anche per tale fattispecie, l'onere in capo al lavoratore di impugnare entro 60 giorni il trasferimento ritenuto illegittimo.