Condotta antisindacale: definizione
Nel nostro ordinamento è, da più fonti, riconosciuto e tutelato un generale “principio di libertà sindacale”:
- la Costituzione (articolo 39, 1) riconosce la libertà di organizzazione sindacale;
- la legge 300/1970 (cosiddetto Statuto dei Lavoratori, articoli 1 e 14) tutela la libertà sindacale sui luoghi di lavoro, nelle sue varie manifestazioni.
Oltre a tali riconoscimenti “di principio” all’attività sindacale, apprestati dal sistema giuridico, è previsto anche uno strumento pratico (processuale) volto alla repressione di comportamenti datoriali diretti a impedire o limitare le libertà o le attività sindacali: il procedimento sommario di accertamento di condotta antisindacale del datore di lavoro.
L’articolo 28 della legge 300/1970 definisce in via generica la condotta antisindacale, determinandola solo nel fine cui essa verte.
Il comportamento del datore è infatti considerato illegittimo quando posto in essere allo scopo di limitare e/o impedire la libertà o attività sindacale o l’esercizio del diritto di sciopero.
L’articolo 28 offre, in caso di perpetrata condotta antisindacale, la possibilità di richiedere al Giudice del lavoro, attraverso un procedimento sommario (perciò celere e informale), di ordinare al datore la cessazione del comportamento e la rimozione degli effetti pregiudizievoli.
Legittimati a richiedere la tutela ex articolo 28 sono gli “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali”.
Avv. Grazia Cumani
Ordine degli Avvocati di Bologna
Studio Legale Avvocato Grazia Cumani
Può essere comportamento illegittimo, ai sensi dell’articolo 28, sia un atto giuridico (ad esempio sanzione disciplinare, licenziamento, trasferimento) sia un mero comportamento materiale (ad esempio intimidazione, minaccia).
E’ altresì comportamento illegittimo, ai sensi dell’articolo 28, sia la condotta che leda diritti collettivi direttamente riconosciuti ai sindacati dallo Statuto del Lavoratori, sia quella che colpisca singoli lavoratori nell’esercizio di diritti sindacali di cui sono titolari, sia, infine, quella che si manifesti verso singoli lavoratori ma con modalità tali da “screditare” le organizzazioni sindacali:
- ipotesi legali (espressamente individuate dal legislatore) di comportamento antisindacale: ad esempio omessa preventiva comunicazione ai sindacati del trasferimento d’azienda; violazione dei diritti e delle libertà riconosciuti ai sindacati dalla contrattazione collettiva;
- criteri giurisprudenziali (individuati dalla Corte di Cassazione, con pronuncia a SS.UU.) di individuazione del comportamento antisindacale: comportamento posto in essere dal datore e lesivo della libertà e attività indicati, a prescindere dalla volontarietà del datore stesso di ledere un interesse sindacale; sussistenza dell’interesse ad agire ex articolo 28 solo laddove vi sia l’attualità dell’azione antisindacale (o per lo meno dei suoi effetti, da intendersi anche nella loro valenza “intimidatoria”) al momento della proposizione della domanda giudiziale;
- ipotesi escluse (per orientamento ormai costante della giurisprudenza) dal novero dei comportamenti antisindacali: in sede di trattative, rifiuto del datore di intavolare negoziati collettivi (vige, perciò, un principio di libertà negoziale) e perciò di “trattare” con i sindacati, se non nei casi espressamente previsti dai singoli CCNL; sempre in sede di trattative, diverso trattamento riservato dal datore alle varie organizzazioni sindacali (non esiste, cioè, un dovere di parità di trattamento fra sindacati né un diritto dei singoli sindacati di partecipare alle trattative stesse).
Poiché il rimedio offerto dall’ordinamento contro una condotta presunta antisindacale è giudiziale, è ovviamente necessario l’intervento di un legale per la tutela dei diritti intorno ad essa ruotanti.
Il datore di lavoro, in particolare, laddove sia instaurato procedimento ex articolo 28 nei suoi confronti, dovrà prontamente rivolgersi a un professionista (un avvocato giuslavorista è evidentemente il più indicato per la preparazione specifica posseduta) per apprestare le proprie difese.