Equa riparazione per irragionevole durata dei processi: definizione
L'equa riparazione per irragionevole durata dei
processi può essere chiesto dalla persona che abbia subìto un danno -
sia esso di carattere patrimoniale, sia esso di carattere non patrimoniale -
proprio per colpa della durata eccessiva di un procedimento giudiziario.
Come si presenta la richiesta di equa riparazione per
irragionevole durata dei processi?
Il ricorso, per i processi civili e per i
processi penali davanti a giudici ordinari, deve essere proposto nei confronti
del Ministro della Giustizia. L'assistenza di un avvocato è indispensabile, ma
se ne sussistono le condizioni è possibile chiedere di essere ammessi al
patrocinio a spese dello Stato. Il ricorso va presentato al Presidente della
Corte di Appello del distretto nel quale è avvenuto il primo grado del processo
in questione.
Qualunque parte di un processo - sia può trattare di
un processo penale o di un processo civile - che pensi di essere stata
danneggiata a causa della durata eccessiva dello stesso.
Occorre, in ogni caso, che il richiedente sia stato parte in causa nel
processo: ciò vuol dire, per esempio, che la persona offesa dal reato che in un
processo penale non si è costituita parte civile non può richiedere né ottenere
la riparazione.
1. Quando la domanda non può essere ammessa?
La domanda di equa riparazione per
irragionevole durata dei processi non può essere ammessa nel caso in
cui non siano state esperiti a tempo debito, da parte del ricorrente, i dovuti
rimedi preventivi: in altri termini, occorre che il richiedente abbia fatto
tutto il possibile, nel corso del processo, per evitare una durata eccessiva
dello stesso.
2. Quando si può definire eccessiva la durata di un processo?
Per trovare una risposta a questa domanda è necessario
fare riferimento alla Legge n. 89 del 2001 relativa alla ragionevole
durata dei processi, che è stata modificata con il DL n. 83 del 2012 che ha
previsto l'aggiunta del comma 2-bis e del comma 2-ter: il primo precisa che il
termine ragionevole deve essere considerato rispettato nel
caso in cui la durata del processo non sia superiore ai tre anni per il primo
grado, ai due anni per il secondo grado e a un anno per il giudizio di
legittimità. Secondo la legge, in sostanza, un processo che si prolunga per più
di sei anni ha una durata irragionevole. Tale precisazione è
esplicitata proprio dal comma 2-ter, che prevede che il termine ragionevole sia
rispettato nel caso in cui sia definito il giudizio in non più di sei anni in
maniera irrevocabile.
3. Che cosa si intende per equa riparazione?
Secondo la Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ogni individuo ha il diritto di
vedere esaminata la propria causa pubblicamente, in maniera equa ed
entro un termine ragionevole: lo precisa l'articolo 6 della convenzione, che è
stata ratificata con la legge n. 848 del 4 agosto del 1955. Per altro, a
proposito del rispetto di questo diritto la Corte Europea sui Diritti dell'Uomo
si è pronunciata più volte rispetto al nostro Paese. Il principio del giusto
processo è stato introdotto in Italia con la legge costituzionale n. 2
del 23 novembre del 1999, con la quale è stato aggiunto all'articolo 111 della
Costituzione il secondo comma: esso stabilisce che tutti i processi devono
essere svolti nel contraddittorio tra le parti e devono avere una durata
ragionevole.