Matrimonio contratto con violenza: definizione
Il matrimonio contratto per violenza rappresenta - secondo
l'articolo 122 del codice civile - uno dei casi in cui il matrimonio stesso può
essere impugnato dal coniuge che ha subìto la violenza. Si parla, a
tal proposito, di vizio del consenso.
In che cosa consiste un matrimonio contratto per violenza?
Si parla di matrimonio contratto per violenza per indicare
l'eventualità in cui uno dei due coniugi sia ricorso a minacce per estorcere il
consenso dell'altro. La violenza, dunque, è di tipo morale: il
contratto di matrimonio, pertanto, può essere annullato.
Che cosa bisogna fare per annullare un matrimonio contratto per violenza?
Prima di tutto, è bene sapere che ci si deve muovere in tempi rapidi: se
c'è stata coabitazione per un anno dal momento in cui la violenza è
cessata, infatti, si decade dall'impugnazione. L'azione di nullità del
matrimonio è intrasmissibile e personale: proprio per questo motivo non può
essere proposta dal pubblico ministero in seguito alla morte del coniuge.
Stando all'articolo 126 del codice civile, inoltre, il tribunale - nel corso
della pendenza del giudizio di nullità - ha la facoltà di ordinare la
temporanea separazione dei coniugi.
1. Quali sono gli altri casi in cui il matrimonio può essere annullato per vizio del consenso?
Un caso tipico è quello dell'errore sulle qualità personali dell'altro
coniuge; ma vanno presi in considerazione l'errore sull'identità della persona
dell'altro coniuge e il timore di eccezionale gravità derivato da cause esterne
al coniuge (per esempio, un matrimonio che viene contratto con l'intento di
scappare da una persecuzione di natura politica).
2. Che tipo di violenza può portare all'annullamento di un matrimonio?
L'ipotesi di annullamento di un matrimonio contratto con violenza è
stata prevista dal legislatore per tutelare il coniuge che, a seguito di
una violenza, abbia prestato il proprio consenso al matrimonio, che
dovrebbe essere un atto libero e personale. Come si è detto, il riferimento non
è a una violenza fisica ma a una violenza morale,
tenendo presente che un sentimento di autosuggestione o di soggezione non è
rilevante da questo punto di vista; in altri termini, il timore reverenziale -
che magari si può spiegare con la posizione lavorativa del coniuge o con
l'importanza della sua famiglia nella società - non può essere identificato con
una violenza. Quest'ultima, invece, deve essere tale da impressionare una
persona e da far sì che la stessa tema di essere esposta a un male notevole e
ingiusto (o che a essere esposti a tale male siano i suoi beni o un suo
familiare). Perché si possa parlare di matrimonio contratto con
violenza, non è detto che la stessa debba provenire per forza dall'altro
coniuge: può anche essere messa in atto da terzi. Inoltre, non è detto che la
violenza debba essere riconosciuta dall'altro coniuge (se non è lui a
provocarla, ovviamente).
3. Che cosa accade nel caso di una violenza fisica?
La violenza fisica costituisce un caso a sé: si può
verificare, per esempio, nell'eventualità di un matrimonio per procura, quando
il coniuge viene costretto a firmare la procura, magari dopo che gli sono state
somministrate delle droghe o dopo che è stato ipnotizzato. Dal momento che
questo tipo di costrizione fa sì che il consenso del coniuge venga eliminato
del tutto, il matrimonio può essere impugnato ed è considerato nullo.