Fallimento progetti di risanamento: definizione
Il progetto (o piano) di risanamento è un piano predisposto dall’imprenditore che si trovi in stato di crisi, al fine di ottenere il riequilibrio finanziario e il risanamento aziendale, per la prosecuzione dell’attività d’impresa.
La legge non detta regole dettagliate circa il contenuto del piano, limitandosi a stabilire che esso deve apparire idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, sulla base di un giudizio di ragionevolezza espresso da un professionista abilitato.
In fatto, pertanto, il piano può avere i contenuti più vari, rimessi alle valutazioni contingenti dell’imprenditore; così potranno essere previsti, senza alcun limite, rateizzi, differimenti di pagamento, moratorie, operazioni straordinarie, eccetera purché idonei ad ottenere il risanamento e giudicati ragionevoli dal professionista attestatore, secondo una corretta valutazione, da compiersi sulla base delle regole della professione contabile-aziendalistica.
Al piano di risanamento fa cenno l’articolo 67, comma 3 lettera d) della legge fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267), stabilendo che, nel caso di fallimento, gli atti compiuti in esecuzione del piano non sono soggetti a revocatoria fallimentare.
Egualmente, il compimento di tali atti esenta l’imprenditore dal reato di bancarotta (articolo 217-bis della legge fallimentare).
Secondo autorevole dottrina tali effetti decorrono dal momento in cui è rilasciata l’attestazione di ragionevolezza da parte del professionista abilitato.
Il piano di risanamento non prevede alcun intervento di carattere giudiziale.
Si tratta di un atto dell’imprenditore, al pari di un qualsiasi piano industriale, la cui affidabilità è rimessa esclusivamente al giudizio di ragionevolezza espresso dal professionista attestatore.
Il piano deve essere asseverato da un commercialista o da un avvocato (oppure uno studio associato o società tra professionisti i cui soci siano iscritti agli albi degli avvocati o dei commercialisti) iscritto nell’Albo dei Revisori; il professionista deve attestare la ragionevolezza del piano, ai sensi di quanto dispone l’articolo 2501-bis codice civile in tema di fusione di società e, quindi, con indicazione delle risorse finanziarie con cui si prevede di soddisfare le obbligazioni dell’impresa.
Il richiamo all'articolo 2501 bis ha insinuato il dubbio che, nel caso di piano presentato da una Spa, il professionista debba essere nominato dal Tribunale.
La dottrina prevalente e la giurisprudenza sembrano essere orientate ad escludere tale evenienza.