Fallimento revocazione del credito: definizione
La giurisprudenza prevalente definisce mezzi normali di pagamento il denaro, i bonifici bancari, gli assegni circolari e bancari, le cambiali e i vaglia cambiari: ogni altra forma di pagamento, quindi, è ritenuta anomala e quindi potenzialmente soggetta all’azione revocatoria.
Tra le ipotesi più comuni di pagamenti con mezzi anomali sono da ricomprendere la datio in solutum, ovvero l’estinzione dell’obbligazione attraverso una prestazione sostitutiva di natura diversa da quella convenuta, la restituzione parziale al venditore dei beni oggetto del contratto di compravendita imputata a pagamento delle pregresse e residue obbligazioni, la cessione di credito con funzione solutoria, il mandato in rem propriam all’incasso di crediti, la compensazione convenzionale, la delegazione passiva di pagamento, la cessione di polizze di pegno, la cessione di beni ai creditori, il mutuo contratto per estinguere preesistenti passività, i pagamenti effettuati dal terzo, sia con denaro del fallito che con denaro proprio ove venga successivamente esercitatoil diritto di rivalsa, i versamenti in conto corrente con effetto solutorio, le anticipazioni di crediti non ancora scaduti, eccetera.
Sono revocabili, inoltre, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili compiuti nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore.
Il Tribunale adito, se ritiene esistenti i presupposti espressamente previsti dall’articolo 67 della legge fallimentare, dichiara, con sentenza, inefficace il pagamento contestato nei confronti del fallimento e conseguentemente condanna il convenuto alla restituzione dell’importo incassato in favore della curatela, disponendo anche in ordine all’eventuale condanna o compensazione delle spese di giudizio.