Reclamo dello stato di figlio legittimo: definizione
L’azione in esame mira all’accertamento della filiazione legittima e quindi a ottenere un accertamento in positivo dello stato di figlio legittimo.
I presupposti dai quali sorge l’interesse all’azione di reclamo si ricavano dall’articolo 241 codice civile e sono:
- la mancanza dell’atto di nascita o del possesso di stato;
- oppure, pur esistendo un atto di nascita, che il figlio sia stato denunziato come figlio di ignoti;
- oppure, pur esistendo un atto di nascita, che il figlio sia stato iscritto sotto falso nome per cui i veri genitori non sono quelli indicati nell’atto stesso.
Occorre evidenziare che nelle ipotesi di cui ai punti 1) e 2) non esiste alcun titolo di stato e dunque l’azione di reclamo è senz’altro esperibile; nelle ipotesi sub 3) il reclamante è pur sempre fornito di un titolo di stato – quello di figlio legittimo delle persone indicate come genitori nell’atto di nascita – ragion per cui si rende necessaria, in questo caso, la rimozione di quel titolo attraverso l’azione di contestazione della legittimità.
L’azione di reclamo resta preclusa a chi sia titolare di uno stato di figlio legittimo derivante da adozione piena, atteso che l’adozione, facendo cessare ogni legame con la famiglia d’origine, rende improponibile qualsiasi domanda diretta all’accertamento della filiazione legittima o naturale (sul punto, articolo 27, legge 4 maggio 1984 n. 184).
Avv. Federica Notamo
Ordine degli Avvocati di Como
Studio Legale Avvocato Nadia Morosini
Nell’ambito del procedimento il reclamante avrà l’onere di provare tutti i presupposti necessari per l’esistenza dello stato di figlio legittimo. In particolare: maternità, matrimonio tra genitori, concepimento in costanza di matrimonio, paternità.
Il rapporto di filiazione si dimostra, di regola, mediante le risultanze degli atti dello stato civile. Tuttavia, in determinate ipotesi, è consentito accertarlo altrimenti, all’uopo ricorrendo anche, se del caso, alla prova testimoniale. A ciò, tuttavia, fanno eccezione la confessione e il giuramento, vertendosi in materia di diritti indisponibili.
In ordine alla testimonianza occorre precisare che la stessa non può ammettersi che quando vi sia un principio di prova per iscritto, o quando le presunzioni o gli indizi siano abbastanza gravi da determinare l’ammissione della prova (articolo 241 codice civile).
Il principio di prova per iscritto può risultare dai documenti di famiglia, dai registri e dalle carte private del padre o della madre (articolo 242 codice civile. Si veda anche articolo 2724 codice civile). La prova contraria può essere data con tutti i mezzi atti a dimostrare che il reclamante non è figlio del marito della madre, quando risulti provata la maternità (articolo 243 codice civile).
Invero, provati la maternità e il matrimonio e il concepimento in sua costanza, la paternità del marito si presume (articolo 231 codice civile): in questa ipotesi si ammette il marito a servirsi di ogni mezzo di prova per vincere la presunzione, anche se non ricorrono le circostanze di cui all’articolo 235 codice civile.
La sentenza che riconosce la fondatezza dell’azione di reclamo della legittimità accerta lo stato di figlio legittimo e una volta passata in giudicato va annotata in calce all’atto dello stato civile (Cassazione Civile, 20.02.1984 n. 1204). Con l’esito positivo dell’azione di reclamo, il figlio assume il cognome del padre e perde invece il cognome originariamente attribuito.
L’eventuale sentenza di rigetto del reclamo impedisce all’attore soccombente e ai suoi discendenti di proporre nuovamente un’identica azione.
Se il figlio muore dopo avere promosso l’azione di reclamo i discendenti sono legittimati a proseguire il giudizio.
Riguardo al figlio, l’azione è imprescrittibile ex articolo 2934, comma 2. Pare corretto ritenere – e ciò è sostenuto da parte della dottrina – che detta azione sia imprescrittibile anche nei riguardi dei discendenti del figlio.
Se il figlio è minorenne sarà rappresentato dal rappresentante legale o se interdetto sarà rappresentato dal tutore, secondo i criteri ordinari.
Nel caso dell’interdetto la legittimazione spetta in sua vece al tutore, legale rappresentante, con autorizzazione del Giudice tutelare, ex articolo 374, n. 5, codice civile.
In ipotesi di figlio minore emancipato o maggiorenne inabilitato, la dottrina è concorde nel ritenere che l’azione di reclamo possa essere autonomamente e personalmente esercitata dal figlio, senza necessità di alcuna assistenza, trattandosi di giudizio relativo a diritti non patrimoniali.
Ove si tratti di minore, la legittimazione spetta al genitore esercente la potestà, con applicazione dell’articolo 320, comma 6, codice civile, in tutti i casi in cui si configura un conflitto di interessi.
L’azione di reclamo può essere proposta anche dal Pubblico Ministero, ma solo quando l’accertamento dello stato costituisca di fatto una questione pregiudiziale all’esercizio dell’azione penale.
L’azione di reclamo va proposta contro entrambi i genitori se sono vivi; in caso di morte di questi o di uno solo di essi, contro gli eredi. Gli eredi vanno peraltro sempre citati, anche nell’ipotesi di decesso di uno solo dei genitori e, nel caso in cui il reclamante sia erede unico, dovranno essere convenuti i parenti prossimi del defunto, oppure, in mancanza, si dovrà procedere alla nomina di un curatore speciale. Sussiste quindi un litisconsorzio passivo necessario tra i genitori e, in loro mancanza, tra i loro eredi.