Relazione peritale: definizione
La relazione peritale è normata dall'articolo 227 del Codice di Procedura Penale, in cui si specifica che, una volta terminate le formalità di conferimento dell'incarico, compito del perito è quello di effettuare subito gli accertamenti del caso e di rispondere ai quesiti con parere segnalato nel verbale. Nel caso in cui egli pensi di non essere in grado di dare una risposta immediata, per esempio per la complessità dei quesiti, ha la facoltà di chiedere al giudice un termine. Il giudice, a sua volta, può ovviamente decidere se concedere o meno il termine; nel caso in cui non lo faccia sostituisce il perito. Se, invece, il termine viene concesso, il giudice deve fissare la data, che comunque non può andare oltre i novanta giorni: entro questo termine il perito è tenuto a rispondere ai quesiti. Naturalmente, alle parti e ai consulenti tecnici deve essere data comunicazione adeguata. Nel caso in cui ci sia bisogno di accertamenti molto complessi, il giudice può prorogare il termine, purché il perito fornisca una richiesta motivata, anche per più di una volta: l'importante è che ogni periodo di proroga non sia superiore ai trenta giorni. Alla fine, tenendo conto di termini e proroghe, il limite massimo per la risposta ai quesiti è di sei mesi. La relazione peritale può anche essere illustrata con delle note scritte: in tal caso il perito ha facoltà di chiedere un'autorizzazione al giudice perché gli sia concessa l'opportunità di presentare una relazione scritta.
Qual è la ratio legis?
Lo scopo della disposizione in esame è quello di garantire un impiego di questo mezzo di prova efficiente e pronto: si tratta, in effetti, di un mezzo di prova molto importante, che tramite la relazione finale garantisce il rispetto del principio di oralità e dei canoni di semplificazione formale.
Un perito.
