Bioclimatica: definizione
Nella storia troviamo moltissimi esempi di architettura bioclimatica, tuttavia l’architettura bioclimatica moderna trae le sue origini dagli studi sul rapporto tra forma dell’edificio e clima, compiuti negli anni ’60 da Victor Olgyay e proseguiti a seguito della prima grande crisi energetica negli anni ’70.
L’architettura bioclimatica stabilisce un rapporto molto stretto tra l’edificio ed il suo contesto e, nella progettazione, mira ad ottimizzare il comportamento energetico sia invernale che estivo con l’obiettivo di garantire un elevato livello di comfort.
La progettazione bioclimatica inizia con lo studio del sito in cui sorgerà l’edificio ed in particolare con la verifica delle sue condizioni climatiche. In base a questi dati è fondamentale definire il corretto orientamento e la forma dell’edificio stesso in modo da massimizzare gli apporti di calore del sole durante l’inverno, minimizzandoli invece durante il periodo estivo.
Il sistema costruttivo dovrà garantire un corretto isolamento termico, prevedere un giusto rapporto tra superfici opache e vetrate e dotare l’edificio di sistemi schermanti e di ventilazione naturale in modo da ridurre al minimo il fabbisogno energetico durante tutto l’anno.
La progettazione bioclimatica coinvolge più figure professionali: l’architetto in qualità di progettista e coordinatore delle altre figure coinvolte, quali l’ingegnere strutturista, il termotecnico ed il progettista degli impianti.