Dichiarazioni tributarie infedeli: definizione
Chi si rende protagonista di dichiarazioni tributarie infedeli commette un reato previsto dall'ordinamento giuridico italiano: è, in particolare, l'articolo 4 del Decreto Legislativo numero 74 del 2000 a stabilire che debba essere punito con la reclusione da un minimo di uno a un massimo di tre anni chi, allo scopo di evadere le imposte sul valore aggiunto o sui redditi, nelle dichiarazioni annuali indica elementi passivi fittizi o elementi attivi minori rispetto a quelli effettivi, nel caso in cui l'imposta evasa sia superiore a 50mila euro o gli elementi passivi fittizi (o gli elementi attivi non indicati) siano superiori di almeno il 10% rispetto a quelli indicati nelle dichiarazioni o siano superiori ai 2 milioni di euro. Il reato di dichiarazione infedele è un delitto, il che vuol dire che è richiesto - ai fini della punibilità - il comportamento doloso da parte dell'agente: si tratta, in questo caso, di dolo specifico, poiché la condotta deve avere lo scopo di ottenere crediti o rimborsi maggiori rispetto a quanto dovuto o di pagare meno imposte.
Quali sono le violazioni non punibili?
Le violazioni che non possono essere punite sono quelle che derivano da interpretazioni di norme che risultano obiettivamente incerte: per altro, in tali eventualità viene messa in dubbio anche l'applicabilità delle sanzioni amministrative. Ancora, non sono punibili le violazioni estimative, nel caso in cui la stima corretta rientri in un margine del 10% rispetto a quella effettuata; inoltre, l'importo di queste differenze non deve essere preso in considerazione neppure per il calcolo degli elementi sottratti a tassazione o dell'imposta evasa ai fini delle soglie di punibilità. Infine, non possono essere punite le violazioni delle norme relative alla competenza economica.
Il commercialista, o comunque chi si occupa della dichiarazione dei redditi.