Impresa coniugale: definizione
Forse si
tratta della forma di impresa più comune e allo stesso tempo la meno
conosciuta. Come il nome stesso dice, l'impresa
coniugale è quella gestita da entrambi i coniugi, pur restando un'impresa
individuale. A determinarne i confini ci pensa l'articolo 177 del codice civile che, abbastanza genericamente, si
riferisce alla comunione dei beni tra i coniugi. A questo punto è necessaria
una piccola premessa.
Fino al 1975 con l'introduzione della riforma del diritto
di famiglia, il regime ordinario tra i coniugi era quello di separazione
dei beni. Dal 1975, al fine di meglio tutelare economicamente la
donna, è stato introdotto come regime ordinario quello della comunione
dei beni. Resta la possibilità per i coniugi di optare al momento
del matrimonio, senza oneri, per la separazione dei beni, oppure di scegliere
successivamente tale regime. L'articolo 177 del codice civile comma 1 lettera d
stabilisce che costituiscono oggetto della comunione le aziende costituite in
costanza di matrimonio e gestite dai due coniugi.
Il secondo comma dello stesso articolo precisa che qualora si tratti di aziende
che il coniuge aveva costituito prima del matrimonio, ma le stesse sono poi
state gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli
incrementi successivi al matrimonio.
1. Impresa coniugale ed impresa familiare sono la stessa cosa?
No, si
tratta di due formule completamente diverse. Questa è disciplinata
dall'articolo 230 bis del codice civile, ecco le principali differenze:
- vi possono partecipare, oltre al coniuge, anche altri familiari;
- Il familiare ha diritto:
1) al mantenimento in base alla condizione patrimoniale;
2) a partecipare agli utili e agli incrementi in proporzione alla quantità e
qualità di lavoro prestato;
3) diritti sui beni acquistati con gli utili dell'impresa.
A differenza dell'impresa coniugale, nell'impresa familiare i partecipanti
differenti dal titolare non possono assumere obbligazioni o agire per conto
dell'impresa, ma possono intervenire nelle decisioni e devono essere
consultati, non avendo però alcun potere decisionale. L'impresa, infatti, resta
individuale e il rischio d'impresa resta solo sul titolare.
2. Un imprenditore coniugato in regime di comunione di beni costituisce sempre impresa coniugale?
No, se il
coniuge non partecipa alla pari, ovvero non compie atti di amministrazione
ordinaria o straordinaria, non agisce in nome e per conto dell'impresa, non può
essere considerata un'impresa coniugale, sarà un'impresa individuale
tradizionale con tutte le conseguenze. Inoltre se viene costituita con atto
pubblico un'impresa familiare, anche formata solo dai due coniugi, non può più
parlarsi di impresa coniugale, tanto meno nel caso in cui siano presenti
ulteriori soci.
3. Ci sono benefici fiscali?
Non si
tratta di veri e propri benefici riconosciuti in quanto inerenti a questo tipo
di società, si tratta più che altro di una conseguenza pratica. Infatti, se
ogni coniuge dichiara il 50% degli utili vi è la possibilità che sia applicata
un'aliquota più bassa rispetto al caso in cui sia un solo coniuge a dichiarare
il reddito.
4. Devono essere pagati i contributi INPS?
Certamente
sì, entrambi i coniugi devono versare i contributi
INPS, o presso altro ente previdenziale di categoria, in qualità di
lavoratori autonomi.
5. Cosa succede in caso di separazione o divorzio?
Con la
separazione o il divorzio si scioglie
la comunione dei beni e di conseguenza si scioglie anche l'impresa
coniugale. Ovviamente possono insorgere problemi dal punto di vista economico.
Se l'impresa apparteneva prima del matrimonio ad un solo coniuge, sarà costui a
continuare l'attività, ma dovrà liquidare la controparte tenendo in
considerazione utili e incrementi prodotti successivamente al matrimonio. Nel
caso in cui l'impresa coniugale sia stata costituita successivamente o i
coniugi prendono un accordo o sarà il giudice a dover decidere. Si potrà optare
anche per l'alienazione dell'attività con divisione del ricavato.