
L’uso dei fondi per l’adeguamento antisismico avrebbe evitato il crollo degli edifici pubblici e privati.
Il terremoto che ha colpito Amatrice e Accumoli nella notte del 24 agosto 2016 con una forza di magnitudo 6 ha riproposto l’urgenza di applicare un adeguamento antisismico in Italia, in modo particolare nelle zone a elevato rischio sismico come le regioni dell'Italia centrale.
Come ogni volta accade dopo un terremoto, oltre alla conta di vittime e feriti comincia il dibattito sulla prevenzione antisismica, e in questo caso ci si chiede come mai non siano stati usati i 4 milioni di euro messi a disposizione dalla Regione Lazio nel 2014 e 2015.
Impedimenti burocratici ed errata compilazione della domanda sono due delle motivazioni che non hanno consentito ad Amatrice e Accumuli di usufruire del denaro stanziato. A queste si aggiunge il lasso di tempo previsto per il rimborso delle spese sostenute per l’adeguamento antisismico: 65% in dieci anni.
Chi effettua lavori di adeguamento antisismico in zone ad elevata pericolosità può detrarre il 65% della spesa in dieci anni, un arco di tempo percepito come troppo lungo. Inoltre, gli interventi sugli edifici per prevenire i danni di un terremoto spesso sono ritenuti secondari rispetto a una ristrutturazione. Peccato che questa non salvi la vita in caso di pericolo.
A oggi non è obbligatorio l’adeguamento sismico degli edifici esistenti, ma è obbligatorio farlo in caso di interventi di ristrutturazione rilevante, ed è obbligatorio applicare le norme sulle nuove costruzioni.
Fatta luce sulle nuove costruzioni, resta l’edilizia storica che in Italia corrisponde all’80-90% con il 60% degli edifici costruiti prima del 1974, anno delle prime norme antisismiche.
Eppure, per un appartamento di medie dimensioni i costi per l’adeguamento antisismico si aggirano tra le 200 e le 300 euro al metro quadro per una spesa complessiva considerevole ma tutto sommato ragionevole se necessaria a salvarsi la vita.