
Se i sistemi di videosorveglianza installati per ragioni di sicurezza mostrano un comportamento poco lecito del lavoratore, ci si trova davanti a un caso di reato di truffa. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione.
Lo Statuto dei Lavoratori vieta l’uso della videosorveglianza per il controllo a distanza dei dipendenti, ma la situazione si ribalta se questi stessi sistemi riprendono un lavoratore che falsa l’orario di lavoro o segna la sua presenza quando invece è assente, e dunque mentre commette un reato di truffa ai danni dell’azienda.
Oltre ai cosiddetti furbetti del cartellino, ci sono altri comportamenti truffaldini che un sistema di videosorveglianza può rilevare. Per esempio, in assenza di badge la firma su un foglio presenza anche quando si è assenti, o la falsificazione dell’orario di inizio della giornata di lavoro.
Per il controllo a distanza la normativa di riferimento è l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, e anche dopo le novità introdotte dal Jobs Act (articolo 23 decreto legislativo 151/2015) continuano a richiedere, per essere installati, una precisa procedura sindacale. Diverso è il caso di pc e altri device mobili: strumenti tecnologici che consentono il controllo a distanza ma che sono anche strumenti di lavoro per i quali non è necessario attivare la procedura sindacale e non è possibile usarli per controllare il lavoratore.