Il consulente che aiuti i vertici societari a distrarre beni da un’azienda dovrà rispondere di concorso in bancarotta. A stabilirlo la Corte di Cassazione, con la sentenza 8349 del 29 febbraio 2016.
Il caso analizzato dagli Ermellini è quello di un avvocato che, con il suo operato, aveva contribuito alla bancarotta di una società cliente. La Cassazione ha sancito che il consulente, che sia a conoscenza dei propositi distrattivi dell’amministratore di diritto della società, debba essere considerato correo qualora non solo non denunci il comportamento scorretto ma, anzi, fornisca consigli all’amministratore stesso.
In ultima istanza, gli Ermellini stabiliscono che il consulente, che pure è al di fuori dei meccanismi decisionali dell’impresa, debba essere considerato corresponsabile qualora la sua condotta abbia aiutato l’amministratore a perpetrare il proprio reato, per di più fornendogli strumenti atti ad aggravare la situazione o a mantenere la propria impunibilità. La Corte, relativamente al caso in esame, ha stabilito che è stata fondamentale la consapevolezza dell’avvocato, la cui condanna pronunciata in Appello è ora da considerarsi definitiva.
