
L’Italia si gioca tutto sulla riforma fiscale e chiede aiuto a Ocse e Fmi. Il ministro Padoan si è rivolto ai due organismi internazionali per facilitare l’individuazione di buone pratiche che possano essere messe in campo nel nostro paese. Da Via XX Settembre, in particolare, si guarda con attenzione a quelle metodiche che permettano di creare “un rinnovato rapporto tra contribuente e fisco, basato sulla fiducia e la collaborazione, orientato a incrementare il livello di adempimento spontaneo prevenendo il contenzioso tributario”.
L’asse, così, si sposta dalla repressione alla prevenzione, mettendo in atto tutte le pratiche che consentano di evitare lo scontro frontale tra fisco e contribuenti. Il ruolo dell’Ocse e del Fmi dovrebbe essere quello di analizzare gli strumenti di compliance a livello mondiale e di studiare quale possa essere quello più adatto al nostro paese. Una missione analoga venne affidata all’Ocse nel 1999, quando si decise di istituire le agenzie fiscali. Non è chiaro se questo lavoro sarà, o meno, pagato dall’Italia. Quello che si sa, però, è che l’Ocse vive anche dei contributi volontari dei paesi: lo scorso anno, su quasi 540 milioni di euro ricevuti, ben 125 sono stati dati come contributo volontario.