
Lo ha stabilito la Suprema corte di cassazione con la sentenza numero 19708 dell'8 maggio 2013.
La terza sezione penale ha quindi respinto il ricorso di un professionista accusato di concorso nel reato di fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti.
Nella complessa indagine che ha visto coinvolti anche imprenditori stranieri e società collegate, la difesa ha tentato di far scagionare il suo assistito sostenendo che al massimo la sua attività di consulenza potesse configurare un'elusione fiscale ma non il reato di fatture false.
Sul punto i Supremi giudici hanno invece risposto che non è conferente il riferimento della difesa del ricorrente all'ipotesi dell'elusione fiscale, prevista dall'art. 73-bis del dpr n. 600/1973, in quanto la fattispecie dell'emissione di fatture per operazioni inesistenti, sanzionata dall'art. 8 del dlgs n. 74/2000, si caratterizza per la sua assoluta tipicità, mentre il fenomeno dell'elusione fiscale si caratterizza per l'effettività delle operazioni negoziali o degli altri comportamenti diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti.
«Non appare dubbio tuttavia che anche i fatti di elusione fiscale possono assumere valore indiziario in relazione al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, così come correttamente valutati dai giudici di merito nel caso in esame».
In altri termini, ad avviso della Corte hanno fatto bene i giudici di merito a indicare, in relazione alle singole operazioni inesistenti, i fatti riconducibili all'elusione fiscale, che hanno un certo valore indiziario, si legge espressamente in sentenza. Nulla da fare neppure sul fronte della prescrizione. Infatti ad avviso del Collegio il reato non poteva essere considerato estinto in quanto la fattispecie è relativa all'intera annualità si considera commesso nella data dell'ultima emissione delle fatture per ciascun anno, stante il carattere unitario della fattispecie in relazione a ciascun anno di imposta ex art. 8, comma 2, del dlgs n. 74/2000.
Anche la procura generale del Palazzaccio ha sollecitato, nell'udienza tenutasi al Palazzaccio lo scorso 4 aprile, la conferma della condanna inflitta al professionista.