Solo pochi si sono posti il problema del profilo penale di questi accertamenti (sintetico puro o redditometrico), di cui all'art. 38, del dpr n. 600/1973, nel caso in cui l'ufficio periferico dell'Agenzia delle entrate abbia accertato sinteticamente un contribuente e che, per effetto del superamento delle soglie indicate dalle disposizioni novellate del dlgs n. 74/2000 (50 mila euro e 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque superiore a 2 milioni di euro), si configurino le fattispecie penalmente perseguibili di dichiarazione infedele (art. 4) o di omessa dichiarazione (art. 5).È opportuno evidenziare che il funzionario delle Entrate potrebbe, in ossequio alle prescrizioni dell'art. 331 cpp, eseguire la comunicazione alla Procura della Repubblica, al fine di non essere lui stesso imputato del reato di omissione di atti di ufficio, ai sensi dell'art. 361 cpp, acclarato il fatto che lo stesso riveste la qualifica di pubblico ufficiale.Si ricorda, inoltre, che il comma 3, dell'art. 43, dpr n. 600/1973, ha raddoppiato i termini di accertamento in presenza di violazioni che comportano la denuncia, ai sensi del citato art. 331 cpp, con la conseguenza che la situazione risulterebbe appetibile, da una prima sommaria valutazione, per due ordini di motivi: il funzionario si pone al riparo da eventuali reati di natura penale e, in quanto responsabile del procedimento, potrebbe avere interesse ad allungare n termini di un accertamento in scadenza. Infatti, grazie al comma richiamato introdotto da dl n. 223/2006, i termini fissati nell'ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o nel decimo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione, nel caso di dichiarazione omessa o nulla, risultano raddoppiati.
Il dl n. 223/2006, peraltro, non ha indicato se il rinvenimento degli elementi penalmente rilevanti possa o meno essere idoneo a far scattare il raddoppio dei termini, se lo stesso emerge in un momento in cui i termini per l'accertamento sono spirati, ma grazie a una recente affermazione della Corte costituzionale (sentenza 25/07/2011 n. 247), è stato stabilito che il legislatore non ha introdotto un raddoppio di termini già esistenti ma ha solo previsto un nuovo termine di decadenza, applicabile solo in presenza della circostanza citata.Di conseguenza, per quanto appena detto, la denuncia penale, posta in essere in un momento in cui gli ordinari termini di decadenza sono superati, non produce gli effetti di raddoppio.Peraltro, come la dottrina più autorevole ha già affermato, gli unici maggiori redditi che sono stati dichiarati irrilevanti, dal punto di vista penale, sono quelli derivanti dai maggiori ricavi o dai corrispettivi accertati in base agli studi di settore (comma 6, art.10, legge n. 146/1998), mentre niente è stato affermato sul tema dell'accertamento sintetico.Inoltre, essendo l'iter penale ben distinto da quello tributario, il giudice, pur potendo utilizzare qualsiasi prova per formare la propria convinzione sulla presenza di un'ipotesi delittuosa, ha l'obbligo di constatare che, in ipotesi di reddito accertato su dati presuntivi, il comportamento del contribuente, omissivo o commissivo, sia teso all'evasione e/o all'elusione.Di conseguenza, il disallineamento del reddito dichiarato da quello accertato non può che essere ritenuto, nel procedimento penale, un semplice ed eventuale indizio (Cassazione - sentenza 19/01/1998), giacché la formazione di un reddito determinato sulla base delle disposizioni contenute nell'art. 38, dpr 600/21973 e sulla base del dm 24/12/2012, che utilizza anche spese presunte (spese-indice) e non solo certe, non può che avere natura presuntiva, non contemplando né un fatto certo, né un fatto noto, tale da essere rilevante ai fini della commissione del reato di dichiarazione infedele; il contribuente, infatti, potrebbe anche risultare di aver speso troppo rispetto al reddito dichiarato, ma potrebbe essere nella situazione di non poter dimostrare l'entrata all'ufficio periferico o che quest'ultimo non ritenga abbinabile l'introito alla detta spesa.
Peraltro, confermando che la sanzione penale relativa alla dichiarazione infedele colpisce chi, con dolo specifico, indica elementi passivi fittizi o nasconde elementi attivi, è di tutta evidenza che il reddito accertato sinteticamente è del tutto presunto e, come affermato dalla recente giurisprudenza (Cassazione, sentenza 20/12/2012 n. 23554) ha la valenza di una «presunzione semplice», poiché il reddito complessivo «presunto» è determinato attraverso l'utilizzo di presunzioni semplici, identificabili nei noti elementi «indicativi» di capacità contributiva, stabiliti con provvedimenti biennali.
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