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I big di internet sono minimi e sorvegliati speciali

del 23/02/2013
di: Pagina a cura di Valerio Stroppa
I big di internet sono minimi e sorvegliati speciali
I big di internet sono piccole imprese per il fisco italiano. Alla paradossale conclusione si arriva analizzando i bilanci d'esercizio riferiti al 2011: in alcuni casi i volumi d'affari dichiarati collocano le aziende nella prima fascia di contribuenti, ossia quello delle imprese fino a 5 milioni di euro (vale a dire entro il range di fatturato per l'applicazione degli studi di settore), nonostante i gruppi a cui appartengono realizzino ricavi da decine di miliardi di dollari. E proprio questi elementi hanno fatto e continuano a fare dei colossi del web sorvegliati speciali del fisco. Dalla fine dello scorso anno, infatti, le Guardia di finanza di Milano sta passando al setaccio i conti delle divisioni italiane di Google, Facebook, Amazon ed eBay (si veda ItaliaOggi del 27/12/2012), ai fini di verificare il corretto adempimento degli obblighi fiscali nel nostro paese. Nell'anno 2011, per esempio, Amazon Italia Logistica srl ha versato all'erario imposte per 162 mila euro tra Ires e Irap, Facebook Italy srl imposte correnti per 101 mila euro, mentre Google Italy srl ha pagato al fisco circa 1,9 milioni di euro. «Si tratta di realtà complesse, che non è possibile esaminare con le logiche tradizionali», spiega a ItaliaOggi il generale Francesco Greco, comandante provinciale della Gdf di Milano, «anche gli strumenti normativi non sempre appaiono al passo con i tempi. Non solo in Italia. Quello della tassazione delle multinazionali del web è un tema di estrema attualità in tutta Europa. Di certo anche queste società rientrano in quella platea di grandi aziende sulle quali si concentrerà nel 2013 la nostra attività. Senza tralasciare la lotta ai fenomeni evasivi di massa (scontrini e ricevute), dobbiamo ottimizzare le risorse su tutte quelle forme di evasione più sofisticata che presuppongono triangolazioni tra più società, esterovestizioni fittizie e occultamento in Italia di stabili organizzazioni di società straniere».

Ed è proprio la stabile organizzazione prevista dall'articolo 5 del modello di convenzione Ocse il tema più ricorrente nei controlli sui grandi gruppi messi in piedi dalle Fiamme gialle. Lo spostamento artificioso degli utili verso regimi impositivi più leggeri può avvenire tipicamente attraverso un contratto di servizi tra la società italiana e la casa madre (o in alcuni casi una società intermedia domiciliata per esempio in Irlanda). Ma in presenza di un'installazione materiale effettiva nel paese e dimostrando che l'attività svolta in Italia è finalizzata alla produzione di reddito (e non solo ausiliaria e preparatoria a quella della consociata estera), l'amministrazione finanziaria può configurare l'esistenza di una stabile organizzazione ai sensi dell'articolo 162 del Tuir e dell'articolo 5, paragrafo 5 del modello Ocse. Ed è possibile in questo modo recuperare a tassazione non soltanto le provvigioni percepite a fronte delle prestazioni rese nell'ambito del contratto di servizi, bensì il reddito derivante dall'intero volume commerciale sviluppato. È proprio seguendo questo ragionamento che il Nucleo di polizia tributaria meneghino ha contestato a Google elementi positivi non dichiarati per oltre 240 milioni di euro per il quinquennio 2002-2006 (si veda ItaliaOggi del 29 novembre 2012). Anche eBay è stata raggiunta da una pretesa erariale di 77 milioni di euro, alla quale si è opposta presentando ricorso. «Un altro aspetto sul quale stiamo ponendo particolare attenzione è quello del transfer pricing», conferma il generale Greco, «sul quale peraltro esiste una prassi operativa più consolidata, anche facendo riferimento al mondo Ocse. Tuttavia dimostrare che soggetti collegati tra loro abbiano incrementato artificiosamente l'imponibile delle società estere e ridotto quello italiano attraverso transazioni infragruppo «gonfiate» non è semplice. Ciò è possibile solo tramite controlli mirati e pianificati attraverso un costante dialogo con la Direzione centrale accertamento delle Entrate». Come annunciato mesi fa dal sottosegretario uscente all'economia Vieri Ceriani nel corso di un'audizione parlamentare, l'Agenzia sta mettendo a punto una vera e propria lista selettiva di multinazionali attive nel settore dell'elettronica e dell'e-commerce da sottoporre a verifica «le cui strategie fiscali sono oggetto di attenzione da parte dell'opinione pubblica italiana e internazionale». Anche in sede comunitaria il dibattito continua. «Sarebbe opportuno che almeno a livello Ue vi fossero processi di armonizzazione anche ai fini delle imposte dirette», conclude il comandante provinciale Gdf, «come già avviene per l'Iva. Se tra un paese e l'altro ci sono differenze di aliquota di pochi punti percentuali, nella maggior parte dei casi non è conveniente mettere in piedi strumenti elusivi, che comportano tra l'altro costi indiretti di professionisti, faccendieri e quant'altro. Fin quando invece vi saranno regimi impositivi che permettono di risparmiare fino a due terzi delle tasse che sarebbero dovute, dovremo fare i conti con questi grandi fenomeni evasivi. Ed è proprio al contrasto di queste condotte criminali che saranno dedicate le più qualificate risorse del Corpo».

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