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Il fornitore Ue, ha l'obbligo di emettere fattura

del 26/01/2013
di: di Franco Ricca
Il fornitore Ue, ha l'obbligo di emettere fattura
Il fornitore comunitario che effettua operazioni territorialmente rilevanti in Italia nei confronti di soggetti passivi nazionali è tenuto ad emettere la fattura con la dicitura «inversione contabile» e il destinatario dovrà integrarla applicandovi l'Iva. Tale fattura è regolata dalle norme del paese del fornitore, per cui non è possibile sostituirla con la fattura emessa dall'eventuale rappresentante fiscale italiano. Detta procedura, che precedentemente era riservata alle prestazioni di servizi generici, dal 1° gennaio scorso va osservata per qualunque tipologia di operazioni, non essendo più prevista, nei rapporti con fornitori Ue, l'emissione dell'autofattura da parte del cessionario/committente italiano. Queste le conclusioni cui si perviene analizzando le disposizioni nazionali sugli obblighi del debitore dell'imposta, come modificate dalla legge n. 228/2012, in correlazione con le nuove disposizioni in materia di fatturazione, introdotte dalla legge stessa in ossequio alla normativa comunitaria, in particolare all'art. 219-bis della direttiva Iva, aggiunto dalla direttiva 2010/45/Ue del 13 luglio 2010.

Per ragionare intorno ad un'ipotesi concreta molto frequente, si pensi al caso dell'impresa francese che introduce propri beni in Italia ai fini di stoccaggio, per la successiva rivendita. L'introduzione, fatto salvo il ricorso ad istituti sospensivi (per esempio, deposito Iva), configura un'operazione assimilata ad una cessione intracomunitaria non imponibile in Francia e a un acquisto intracomunitario imponibile in Italia, assoggettato ad Iva a cura del rappresentante fiscale dell'impresa francese (oppure mediante identificazione diretta della stessa impresa). All'atto della successiva rivendita dei beni in Italia, l'impresa francese realizza una cessione rilevante in Italia, in relazione alla quale l'imposta sarà applicata:

a) dal cessionario con il meccanismo dell'inversione contabile, se è un soggetto passivo stabilito in Italia

b) dall'impresa cedente con l'ordinario meccanismo della rivalsa sulla fattura emessa dal rappresentante fiscale o attraverso l'identificazione diretta, se il cessionario è invece un soggetto passivo stabilito all'estero, oppure un privato.

Nell'ipotesi sub a), fino al 31 dicembre 2012 il cessionario, al fine di applicare l'imposta, doveva emettere autofattura, per cui non assumeva alcuna rilevanza ai fini Iva in Italia l'eventuale fattura emessa, per scopi amministrativi, commerciali, ecc. dal fornitore francese o dal proprio rappresentante fiscale.

In questo quadro si inserisce ora la modifica apportata dalla legge 228/2012 al secondo comma dell'art. 17 del dpr 633/72, con la quale è stato previsto che il destinatario soggetto passivo nazionale, allorquando assume la veste di debitore dell'imposta in relazione ad operazioni territorialmente rilevanti poste in essere da fornitori comunitari, assolve i propri obblighi in ogni caso integrando la fattura del fornitore, nei modi e termini indicati negli artt. 46 e 47 del dl n. 331/93. È stata quindi generalizzata la procedura che prima era limitata soltanto agli (acquisti intracomunitari e) agli acquisti di servizi generici, con la conseguenza che, nei rapporti con fornitori Ue, il committente/cessionario nazionale deve integrare la fattura del fornitore e non deve più emettere l'autofattura (salvo inadempimento del fornitore).

Si pone ora la questione se, per effetto di queste modifiche, il fornitore, nel caso descritto, debba necessariamente emettere una fattura «francese», oppure possa ritenersi ammissibile l'emissione di una fattura «italiana» da parte del proprio rappresentante fiscale (o attraverso l'identificazione diretta). Al riguardo, la soluzione corretta sembra la prima. Il citato art. 219-bis della direttiva, al par. 1, detta il principio secondo cui la fatturazione è soggetta alle norme dello stato membro in cui si considera effettuata l'operazione (nell'esempio, l'Italia). Al par. 2, tuttavia, stabilisce che, in deroga a tale principio, la fattura è soggetta alla normativa dello stato membro del fornitore quando, pur non essendo egli stabilito nello stato membro in cui l'operazione si considera effettuata, il debitore dell'imposta è l'acquirente dei beni o il destinatario dei servizi, salvo che quest'ultimo sia tenuto ad emettere autofattura. Riepilogando, quindi, in un caso come quello ipotizzato, sembra corretto concludere che la fattura è soggetta alla normativa dello stato membro del fornitore, perché debitore dell'imposta nell'altro stato membro è il destinatario, il quale non deve emettere autofattura (ma deve integrare la fattura del fornitore). Questa disposizione comunitaria è sostanzialmente riprodotta, per l'ipotesi speculare, nell'art. 21, comma 6-bis, lett. a) del dpr 633/72. Se la ricostruzione è esatta, residua un problema di duplicazione dell'adempimento del fornitore Ue, il quale emette prima la fattura a fronte del trasferimento dei beni in Italia, poi la fattura per la cessione, che dovrebbe essere risolto attraverso una disposizione che sterilizzi la prima fattura (che in realtà non trova riscontro in una cessione di beni, ma è strumentale alla tassazione del trasferimento «a destinazione») ai fini del volume d'affari del fornitore.

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