
Da oggi, 6 ottobre (in quanto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 settembre scorso), entra in vigore il decreto legislativo 1 settembre 2011 n.150, che ha introdotto (o, meglio, tentato di introdurre) una disciplina “comune” al fine di cercare di ridurre a soli tre “riti-base” i numerosi tipi di procedimento che regolano la materia processuale civile.
Alcune di queste disposizioni riguardano, in particolare, le impugnazioni dei verbali di infrazione al codice della strada (oltre a numerose materie affini); e ci sembra pertanto utile fornire perlomeno un primo “vademecum” riassuntivo.
Il primo dato generale – quello forse più importante, e che rende più chiaro quanto poco proficuo sia stato, a parere di chi scrive, l’esito dell’operazione – è costituito dal fatto che l’opposizione “diretta” contro un verbale di accertamento di infrazione amministrativa al codice della strada, quella cioè che si propone dinanzi al Giudice di Pace, non è più regolato solo dall’articolo 204-bis del codice della strada ma, ora, anche e soprattutto dall’articolo 7 del decreto legislativo 150/11 e, per alcuni richiami, dal suo articolo 5, dalla sezione del codice di procedura civile che tratta del rito cosiddetto “del lavoro” e da quel che resta dell’articolo 204-bis, norma che l’articolo 34 comma 6 lettera a) sempre del decreto legislativo 150/11 non àbroga, ma “riduce” a due soli commi: perciò possiamo probabilmente affermare che l’opera di “unificazione” non pare essere particolarmente ben riuscita.
Cercando di mettere un po’ di ordine nella materia, e rimandando per approfondimenti alla voce in corso di aggiornamento, le principali innovazioni riguardano:
- I TERMINI: il termine per presentare il ricorso (direttamente in cancellerie del Giudice di Pace competente o a mezzo raccomandata AR) è stato dimezzato: prima era di sessanta giorni; ora è stato ridotto ridotto a trenta (articolo 7 comma 3 decreto legislativo 150/11), sempre decorrenti dal giorno successivo a quello in cui si è perfezionata la contestazione immediata o la notificazione del verbale; se l’interessato risiede all’estero, il termine è di sessanta giorni.
- LA SOSPENSIONE PROVVISORIA DEL VERBALE: novità anche per la concessione della “sospensione provvisoria” dell’efficacia esecutiva del verbale, già ristretta di recente dall’introduzione del comma 3-ter dell’articolo 204-bis. Ora, invece, vige e regolamenta per intero la materia l’articolo 5 del decreto legislativo 150/2011 e dunque la “sospensiva” può essere concessa dal Giudice – se vi è espressa richiesta del ricorrente (anche al di fuori del ricorso) e “sentite le parti”, dunque in un’udienza ad hoc – quando ricorrono “gravi e circostanziate ragioni” (mentre, nella formulazione dell’articolo 204-bis il presupposto era costituito da “gravi e documentati motivi”). Se le parole hanno un senso, dobbiamo dunque desumere che ora non è più necessario che i motivi siano “documentati”, ma che le “ragioni” siano, oltre che gravi, anche “circostanziate” (cioè concrete e ben ricollegabili al nocumento che il cittadino avrebbe dall’esecuzione del verbale a giudizio pendente). L’ordinanza relativa è non impugnabile, e deve contenere le motivazioni appena indicate.
- LA SOSPENSIONE “INAUDITA ALTERA PARTE” DEL VERBALE (articolo 5 comma 2 decreto legislativo 150/11): è una novità rispetto al comma 3-ter dell’articolo 204-bis del codice; ma in realtà reintroduce il “vecchio” regime dell’articolo 22 ultimo comma della legge 689/81, seppur “inasprendolo”. Ora il Giudice, quando esiste “pericolo imminente di un danno grave e irreparabile”, può concedere l’ordinanza di sospensione dell’efficacia del verbale anche senza sentire le parti; ma la sospensione cessa automaticamente se non viene confermata nella prima udienza.
- L’APPLICABILITA’ GENERALE DEL “RITO DEL LAVORO”, che in realtà costituisce una specie di ritorno alle origini, dal momento che l’opposizione ad ordinanza-ingiunzione (su cui era stata “costruita”, sebbene con stratificazioni spesso singolari, quella diretta al verbale) era stata già costruita dalla legge 24.11.1981 n. 689 sul telaio del “rito del lavoro”; sicchè ora il giudizio di opposizione a verbale somiglia moltissimo a quello di opposizione ad ordinanza-ingiunzione; ne deriva una (supposta ed ipotetica) maggiore snellezza e celerità e la conferma dell’esistenza di notevoli poteri officiosi del Giudice.
- LA REINTRODUZIONE DELL’”INSUFFICIENZA DI PROVE”: asserzione volutamente provocatoria nel suo atecniciscmo, ma calzante; il “vecchio” articolo 204-bis, come rimaneggiato, non prevedeva più, a differenza del penultimo comma dell’articolo 23 legge 689/81 in materia di opposizione ad ordinanza ingiunzione, la possibilità per il Giudice di accogliere il ricorso quando non vi fossero prove sufficiente della responsabilità dell’opponente; ora questa facoltà viene trasformata in “dovere” (“accoglie” e non “può accogliere”) dal comma 11 dell’articolo 7 decreto legislativo 150/11.
- LA DISCIPLINA DELL’ASSENZA DELL’OPPONENTE ALLA PRIMA UDIENZA: l’articolo 9 comma 2 disciplina – in questo caso “coordinando” le varie disposizioni – l’iter della prima udienza nella quale l’opponente (o il suo difensore) non si presenti senza giustificato motivo, disponendo che il Giudice convalidi in tal caso – con ordinanza impugnabile in appello (mentre fino al 2006 era una sentenza ricorribile per Cassazione) – il provvedimento opposto; ma, ed è eccezione importante che recepisce indicazioni della Corte Costituzionale, solo qualora la Pubblica Amministrazione abbia depositato tempestivamente (cioè dieci giorni prima dell’udienza, come suo onere) la documentazione inerente l’accertamento e l’illegittimità del verbale non risulti già dalla sola documentazione allegata dal ricorrente.
Avv. Nicola Fabio de Feo
Avv. Nicola Fabio de Feo