
La Cassazione boccia l'obbligatorietà del contraddittorio tra fisco e contribuente nella fase amministrativa. Infatti l'ufficio delle Entrate non è sempre tenuto a interpellare il cittadino neppure nel caso di incertezza intrinseca della dichiarazione dei redditi.
Lo ha sancito la Suprema corte che, con la sentenza n. 26316 del 29 dicembre 2010, ha respinto il ricorso di un contribuente che lamentava di non essere stato invitato dall'ufficio delle imposte al contraddittorio nonostante la dichiarazione contenesse delle incertezze.
“Questa Corte non ritiene possibile”, si legge in sentenza, “sulla scorta dello stato attuale della legislazione, ritenere esistente un principio generale di contraddittorio in ordine alla formazione della pretesa fiscale”.
Dopo questa affermazione perentoria la sezione tributaria ha elencato in sentenza i casi in cui il contraddittorio previsto dallo Statuto del contribuente è un obbligo distinguendoli da quelli in cui invece non lo è affatto.
Sul punto nelle interessanti motivazioni si legge che il contraddittorio è obbligatorio sul fronte studi di settore. In particolare, secondo gli Ermellini, l'ingiunzione di pagamento emessa, ai sensi dell'art. 82 del dpr 23 gennaio 1973, n. 43, all'esito del procedimento di revisione dell'accertamento previsto dall'art. 11 del dlgs 8 novembre 1990, n. 374, è illegittima se l'operatore interessato (nella specie l'importatore) non sia stato ascoltato e messo in condizioni di manifestare utilmente il proprio punto di vista in merito agli elementi sui quali l'Amministrazione intende fondare la sua decisione, in quanto il diritto al contraddittorio e di difesa anche nella fase amministrativa, pur non essendo esplicitamente riconosciuto dal codice doganale comunitario, si evince dalle espresse previsioni dell'art. 11 cit. e costituisce “un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogni qualvolta l'Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo” (cfr. Corte di giustizia Ce, sent. 18 dicembre 2008, in causa C349/07). E ancora, “in tema di accertamento standardizzato con applicazione di parametri e studi di settore, le Sezioni unite hanno ritenuto che la formazione della prova debba nascere dal contraddittorio che l'Ufficio deve attivare col contribuente”. Al contrario la Cassazione con la sentenza 27060/2007 ha invece ritenuto che “il dpr n. 600 del 1973, art. 33, comma 6, non prevede infatti che le operazioni di verifica contabile siano fatte in contraddittorio, ma soltanto che tali operazioni siano compiute alla presenza di un responsabile della sede o dell'ufficio, mentre il dpr n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, in materia di Iva (tributo nella specie non in contestazione) stabilisce che il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente, il quale ha diritto di averne copia; ove non sottoscritto, dovrà essere indicata la causa della mancata sottoscrizione”.
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