
"È meglio avere debiti che crediti..." è una delle frasi classiche che si sentono più spesso tra coloro che vantano un credito e non riescono a recuperarlo. Spesso è vero, ma non è sempre così. La crisi ha sicuramente abbassato il livello di solvibilità dei soggetti, ma spesso è anche diventata una sorta di paravento dietro il quale si nascondono coloro che non vogliono adempiere i propri obblighi di pagamento.
"Tanto a me cosa mi possono fare..." chi si occupa di questo settore ha sentito molte volte questa frase. Chi la pronuncia confida spesso nella lentezza della giustizia e nella ritenuta inefficacia degli strumenti messi a disposizione dal legislatore.
Ebbene, questo è vero, ma solo in parte. Se sussistono determinate condizioni i crediti si recuperano.
Il legale che si accinge a intraprendere la relativa azione dovrà valutare, innanzitutto, se il creditore abbia posto in essere un'adeguata azione preparatoria prima (acquisizione di notizie sul conto dell'altra parte, predisposizione di documentazione scritta comprovante il credito) e un'adeguata azione preventiva poi (ad es. acquisizione di adeguate garanzie). Dovrà quindi porsi la domanda fondamentale: "il debitore ha qualcosa da perdere?". In caso di risposta affermativa vale senz'altro la pena di intraprendere l'azione di recupero.
Un grosso aiuto per il conseguimento del risultato sperato è dato dalla possibilità per il legale di accedere direttamente alle banche dati dell'agenzia delle Entrate dopo aver ottenuto l'autorizzazione del giudice ai sensi dell'art. 492 bis cpc. Tale strumento è, infatti, ormai entrato a regime e permette, in tempi rapidi, di conoscere la consistenza patrimoniale del soggetto che si vuole perseguire e orientare efficacemente l'azione di pignoramento.