Con il cd decreto salva-banche i risparmiatori si sono visti azzerare le azioni e le obbligazioni subordinate di CariFerrara, Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti. Recentemente, poi, le azioni non quotate di alcune Banche Popolari quali Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca e di alcune Casse di Risparmio si sono pesantemente svalutate lasciando in difficoltà numerosi risparmiatori che avevano cercato invano di venderle.
In alcuni casi, poi, l’acquisto delle azioni illiquide non era altro che una condizione per ottenere un mutuo o finanziamento a tasso agevolato oppure in altri casi il risparmiatore è stato indotto ad aprire un fido su conto corrente insieme all’acquisto delle azioni, senza che le stesse fossero costituite in pegno. A fronte di queste situazioni, si può verificare di caso in caso, analizzando i relativi documenti contrattuali, se vi sono i presupposti per richiedere alle banche i rimborsi degli importi investiti o dei danni subiti.
Recentemente l’Ombudsman (c.d. Giurì Bancario) il 23.07.2014 ha condannato una banca, Cassa di Risparmio di Ferrara, a restituire l’intero importo investito, oltre a interessi, a un risparmiatore che non era riuscito a vendere le azioni non quotate dell’istituto di credito. Anche la stessa Corte d’Appello di Torino con sentenza n.2444/2013 si era già allineata alla posizione espressa dal Giurì.
In particolare, è stata ravvisata in capo alla banca una grave inadempienza al proprio obbligo informativo e ai propri doveri di correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi, sanciti dalla Comunicazione Consob n.9019104 del 2.3.2009 e dall’art. 21 Tuf.
Le azioni collocate dall’istituto bancario, infatti, non erano titoli quotati in Borsa e la banca, in sede di collocamento e di negoziazione, avrebbe dovuto evidenziare tale particolarità in virtù della comunicazione Consob suindicata.
Lo stesso Ombudsman sul punto ha evidenziato l’assenza in capo alla banca di informativa specifica sui rischi legati all’illiquidità delle azioni, non essendo, peraltro, sufficiente un mero rinvio al prospetto informativo.
D’altronde la stessa Corte d’Appello di Torino ha affermato che “la dichiarazione con cui si dà atto della presa visione del prospetto informativo e del documento integrativo dell’investimento non è sufficiente alla banca a dimostrare di aver adeguatamente informato il cliente delle caratteristiche e i rischi del prodotto finanziario”.
A fronte di ciò, i risparmiatori potranno rivolgersi a un avvocato al fine di richiedere una valutazione del caso e, pertanto, se ve ne siano i presupposti, procedere preliminarmente con un reclamo alla banca e poi, in caso di esito negativo, agire in sede di Ombudsman bancario o, previo esperimento della mediazione obbligatoria, in via giudiziaria.