Cambia il pignoramento di pensioni e conti correnti: il legislatore (con D.L. 83/2015, convertito nella L. 132/2015) interviene sull'espropriazione presso terzi, con una modifica, tutta favorevole ai debitori, dell'art. 545 del codice di procedura civile.
La prima novità riguarda il pignoramento di pensioni e trattamenti di quiescenza, che ora diventano impignorabili per la misura massima dell'assegno sociale aumentato della metà; solo la parte restante potrà quindi d'ora in poi essere colpita dai creditori. Finora invece non era prevista questa ben precisa soglia di impignorabilità per tutti i trattamenti pensionistici, dunque la modifica appare opportuna, oltre che aderente a principi di giustizia sociale.
La parte pignorabile rimane poi aggredibile solo per un quinto da parte di ciascun creditore, fino al limite della metà. Trattasi di regola generale, valida anche per gli stipendi, dettata dall'esigenza di consentire alle persone di sopravvivere nonostante l'esistenza di debiti.
Ma cosa succede se il creditore, anziché pignorare lo stipendio o la pensione, pignora il conto corrente sul quale questi emolumenti vengono versati? Fino a giugno tutte le somme presenti sul conto o pervenute successivamente potevano essere incamerate dal creditore.
Oggi invece si prevede che gli importi dovuti a titolo di stipendio, salario o pensione, accreditati su conto corrente o postale intestato al debitore, possono essere pignorati solo per quanto eccede il triplo dell'assegno sociale, se l'accredito è avvenuto prima del pignoramento, oppure nei limiti generali previsti per stipendi (un quinto) e pensioni (un quinto della parte superiore a una volta e mezzo l'assegno sociale), se l'accredito è pervenuto dopo il pignoramento.
Non si può che salutare molto favorevolmente questo cambiamento, perché va a superare l'evidente disparità che in precedenza esisteva tra l'ipotesi di aggressione diretta dello stipendio o pensione e l'ipotesi di pignoramento di conto corrente il cui saldo positivo era costituito proprio da tali importi. Ciò appariva particolarmente ingiusto considerato che il debitore di fatto è obbligato ad avere un conto corrente o postale, nel quale far confluire non solo il salario ma anche la pensione.
La nuova normativa completa la tutela del debitore dichiarando che il pignoramento eseguito violando tali divieti è da considerarsi parzialmente inefficace, con rilevazione che può essere effettuata d'ufficio dal giudice.