Istituito
nel 2002 con accordo quadro europeo, il telelavoro è una forma di
organizzazione e/o di svolgimento dell’attività lavorativa regolarmente svolta
fuori dai locali dell’azienda.
Nel 2014 sono stati siglati nuovi accordi volti a favorire il telelavoro domiciliare e satellitare, divenuto operativo nel 2015. Infine, sempre nel 2015 il Jobs Act ha introdotto ulteriori agevolazioni volte a favorire la conciliazione lavoro-famiglia, premiando le diverse formule di flessibilità e, tra queste, anche il telelavoro (incentivando accordi collettivi che vadano in questa direzione).
Il telelavoro deve sempre essere
volontario. Inoltre il rifiuto non può in alcun caso essere causa di
licenziamento o di modifica delle condizioni contrattuali.
Gli obblighi
stabiliti dalla L. 68/1999 riguardanti l’obbligatorietà delle assunzioni di
lavoratori disabili si ritengono rispettati anche attraverso il ricorso al
telelavoro.
Al telelavoratore deve essere riservata una mole di lavoro analoga
a quella di un pari grado che eserciti in maniera tradizionale le proprie
mansioni, anche se il telelavoratore ha più ampi margini di discrezionalità
circa i tempi di organizzazione del lavoro.
In caso di lavoratore dipendente,
restano inalterati i diritti spettanti ai lavoratori che svolgono in maniera
tradizionale le medesime mansioni.
Il datore di lavoro deve inoltre fornire al
telelavoratore tutte le informazioni inerenti: contratto collettivo applicato,
tipologia di prestazione da eseguire, unità a cui deve fare riferimento e
superiore diretto al quale rivolgersi in caso di bisogno. Il datore di lavoro
ha l’obbligo di mettere in atto tutte le misure necessarie al fine di evitare
che il telelavoratore sia oggetto di isolamento, garantendo anche le
possibilità di incontro con i colleghi e l’accesso alle informazioni contenute
in azienda, in ottemperanza ad accordi aziendali e regolamenti interni.
Il
telelavoratore ha gli stessi diritti dei colleghi, avendo diritto agli stessi
avanzamenti di carriera e potendo accedere ai medesimi percorsi formativi; in
più ha diritto a una formazione specifica che gli consenta di padroneggiare gli
strumenti necessari per la particolare tipologia di svolgimento del proprio
lavoro.
Lavorare da casa non esonera dall’osservanza dei criteri di salute e
sicurezza.
Dal canto suo, il datore di lavoro è responsabile anche del
dipendente che svolga mansioni in telelavoro, illustrandogli i criteri di sicurezza
applicati in ufficio e le politiche aziendali in materia, cui il lavoratore
deve obbligatoriamente attenersi anche da casa (o dove svolge l’attività).
Il
datore di lavoro può avere accesso al posto di telelavoro ma, nel caso in cui
si tratti dell’abitazione del dipendente, deve richiederne il consenso come
indicato dai contratti collettivi.
Di contro, anche il dipendente può
richiedere l’esecuzione di ispezioni.
Un nodo da stabilire preventivamente è la
proprietà dei mezzi a disposizione del telelavoratore: se sono forniti dal
datore di lavoro, è in capo al dipendente l’obbligo di averne cura, non
utilizzarli per divulgare in rete file a contenuto illegale e avvisare
tempestivamente il superiore in caso di malfunzionamenti che potrebbero
compromettere lo svolgimento dell’attività, anche presso la sede dell’azienda.
In
capo al datore di lavoro, invece, è l’obbligo di fornire sufficienti
informazioni su: utilizzo delle apparecchiature, restrizioni e sanzioni
previste in caso di violazioni.
Al datore di lavoro sono riservati i costi
derivanti direttamente dal lavoro: collegamento Internet, apparecchiatura
hardware utilizzato per lo svolgimento delle mansioni lavorative ed eventuali
spese causate da smarrimento o danneggiamento di dati e strumenti, a meno che
non sia riconoscibile una negligenza grave da parte del dipendente.
Il datore di lavoro può monitorare la produttività del telelavoratore attraverso l’utilizzo di software, il cui impiego – trasparente – deve però tenere conto in maniera proporzionale dell’obiettivo che ci si prefigge e della privacy del lavoratore.