Il ministero del lavoro è intervenuto nuovamente a dar risposta all’interpello 26.6.14 n.19 relativo alla possibilità, per parenti e affini di terzo grado, di assistere persona con handicap di particolare gravità (non ricoverate a tempo pieno) a prescindere dall’esistenza di parenti e affini dell’assistito di primo e secondo grado in grado di assisterlo.
Il Ministero ha precisato quanto è avvenuto con l’entrata in vigore del collegato lavoro che ha limitato i soggetti fruitori del beneficio previsto dalla normativa previgente.
Legittimati a fruire dei 3 giorni di permessi mensili retribuiti per assistere una persona in situazione di gravità sono in ordine di priorità il coniuge e il parente o affine entro il secondo grado.
Il parente o affine di terzo grado può intervenire al pari dei familiari ammessi dalla norma solo quando i genitori o il coniuge della persona da assistere:
- abbiano compiuto i sessantacinque anni di età;
- siano anch'essi affetti da patologie invalidanti;
- siano deceduti o mancanti.
L’INPS ha precisato che per "mancanti" si debba intendere oltre alle cause naturali e giuridiche quali la morte, il celibato o lo stato di figlio naturale non riconosciuto anche quelle condizioni che per legge sono assimilabili, perdurino nel tempo e siano certificabili dall'autorità giudiziaria o altra autorità pubblica come i casi di divorzio, separazione legale o abbandono.
Invece per le patologie invalidanti e permanenti si deve far riferimento a quelle previste dall’ art. 4, comma 2 della legge n. 53/2000.
Il parente o affine di terzo grado per attestare il diritto ai permessi, deve allegare alla domanda la documentazione medica rilasciata dal medico specialista del SSN o con esso convenzionato o dal medico di medicina generale o dalla struttura sanitaria nel caso di ricovero o intervento chirurgico, attestante la sussistenza della patologia invalidante da cui sono affetti il coniuge e/o il/i genitore/i del soggetto da assistere.