La Suprema Corte nella sez. VI, sentenza 12.03.2013 n° 11795 ha espresso il concetto che l’abuso deve essere interpretato con specifico riguardo alla evoluzione del paradigma di "abuso sul minore", esteso non solo alle condotte dannose sul piano fisico, ma anche a quelle pregiudizievoli sul piano psicologico, correlato allo sviluppo anche sociale della persona, destinataria dell'azione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia.
Occorre fare riferimento, secondo il giudice nomofilattico "alla complessa valutazione della specificità del rapporto "educatrice-bambino", soppesata l'età dei destinatari, il loro bisogno di rassicurazione all'atto del distacco dai genitori, e la corrispondente possibilità di modesti fugaci contatti corporei "viso-viso" tra personale educativo e bambini, finalizzati proprio a creare un clima di reciproca confidenza, essenziale in tale contesto socio-educativo e decisamente funzionale alla riduzione, nel bambino stesso, dell'ansia da distacco dall'ambiente e dalle figure familiari di riferimento".
Di conseguenza esulano dalla specifica tutela penale, approntata dall'art. 571 c.p., quelle condotte che, per le concrete modalità non violente e tipicamente affettuose, non possono essere interpretate, per la loro connotazione di piccolo eccesso o mancanza di misura nel relazionarsi educatore-bambino, come abuso in ambito "scolare materno infantile".