
La Cassazione sottolinea la gravità delle offese a sfondo
sessuale rivolte alle donne.
A dirlo è la quinta sezione penale, che ha preso
in esame il caso di un uomo che sul posto di lavoro (un ospedale) si era
rivolto ad una collega dicendole "sei una zo..." .
Gli ermellini fanno
notare come "Ogni volta che si deve offendere una donna è immancabile il
riferimento ai presunti comportamenti sessuali della stessa; qualunque sia il
ceto sociale di appartenenza, qualunque sia il grado di istruzione, qualunque
sia la natura della discussione l'uomo di norma non accusa la sua avversaria
donna di dire il falso ma di "essere una pu... o una zo..., con ciò non
solo offendendo gravemente la reputazione della donna ma cercando di porla in
una condizione di marginalità e minorità", ha dichiarato la Suprema Corte.
Tutto anche quando è anche la donna ad offendere l’uomo.
La Cassazione ha dichiarato "davvero singolare che un uomo, che si presume di cultura, non si renda conto della gravità di un tale comportamento e invochi la reciprocità delle offese" e ha sottolineato la notevole differenza che intercorre tra le due offese rimarcando la gravità di quella perpetrata dall'uomo a discapito della donna.