L’ex lavoratore può insinuarsi al passivo di un’azienda in forza di sentenza passata in giudicato dopo la domanda di ammissione al concordato preventivo e prima della sentenza di fallimento?
Secondo la Corte di Cassazione (Cass. Civ. sez. I, 06/08/2010 n. 18437) “quando si verifichi a posteriori che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al concordato preventivo in realtà coincideva con lo stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data di presentazione della predetta domanda”.
Diamo
per ipotesi che sia accertato, con sentenza dichiarativa di fallimento, che lo
stato di insolvenza dell’azienda sussisteva al tempo della richiesta di
ammissione al concordato preventivo. Gli effetti della sentenza fallimentare retrodaterebbero
alla domanda di ammissione al concordato. Con quali conseguenze?
Se, al momento
della domanda di ammissione al concordato, la sentenza di accertamento del
credito del lavoratore nei confronti dell’azienda fosse stata emessa ma non
ancora passata in giudicato (acquistando così definitività), tale credito potrebbe
essere ammesso al passivo nel lasso di tempo tra la domanda di ammissione al
concordato preventivo e la sentenza di fallimento?
Ai
sensi dell'art. 2751-bis del codice civile il credito vantato dal lavoratore
per prestazioni di attività lavorativa svolta per l’azienda, poi fallita è un
“credito privilegiato”, cioè, va ammesso al passivo e con soddisfazione
prioritaria rispetto agli altri creditori chirografari. La sentenza di
accertamento del credito accerta un credito che è maturato precedentemente alla
domanda di ammissione al concordato (per l’esattezza maturato al termine del
rapporto di lavoro) e quindi all’accertato stato di insolvenza.
La conseguenza è che tale credito dovrà essere senz’altro ammesso al passivo e oltrettutto in via privilegiata in quanto credito da lavoro.
