Attentati alla sicurezza dei trasporti: definizione
Il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti è previsto dall'articolo 432 del
Codice Penale, che stabilisce la reclusione per un periodo minimo di un anno e
per un periodo massimo di cinque anni per chi metta in pericolo la sicurezza
dei trasporti pubblici per aria, per acqua o per terra. Per il lancio di
proiettili o di corpi contundenti contro i veicoli in movimento si
applica la reclusione da tre mesi a due anni (sempre che si tratti di veicoli
destinati ai trasporti pubblici); nel caso in cui dall'evento derivi un
disastro, la pena va da un minimo di tre a un massimo di dieci anni.
1. Che cosa si intende con trasporto pubblico?
Perché si possa parlare di trasporti pubblici, che sono i soli
per cui si può configurare il reato di attentato
alla sicurezza dei trasporti, occorre che gli stessi siano esercitati nel pubblico interesse,
al di là del fatto che siano gestiti da privati concessionari o da enti
pubblici. La sentenza n. 21833 del 2006 della Corte di Cassazione, in ogni
caso, precisa che la nozione di trasporto pubblico non può essere connessa ai
luoghi di transito o alle modalità di transito, dal momento che ha a che fare
solo con la fruizione di mezzi di trasporto da parte di un certo numero di
soggetti. Il limite applicativo del
dispositivo deriva proprio dall'esigenza che a essere messa in pericolo sia la
sicurezza del trasporti pubblici. Un esempio di attentato alla sicurezza dei trasporti pubblici è quello di un
incidente stradale causato con colpa dal conducente di un'auto che coinvolga un
pullman e, quindi, un elevato numero di persone.
2. Che cosa si intende con il termine "disastro"?
Un disastro è
un evento di danno che espone un certo numero di persone a un pericolo
collettivo da cui derivino effetti estesi, complessi e gravi, generando
pubblica commozione.
3. Che cosa vuol dire che l'attentato alla sicurezza dei trasporti rappresenta un reato a forma libera con evento di pericolo?
Per questo tipo di reato è prevista una valutazione che deve
essere intesa in relazione alle condizioni del caso concreto e che non può
avvenire in astratto in funzione di circostanze predeterminate: interviene,
pertanto, un giudizio di fatto che sfugge al sindacato di legittimità nel caso in cui sia supportato da una
motivazione adeguata priva di vizi logici e giuridici. A precisarlo è, in
particolare, la sentenza n. 10023 del 2000 della Corte di Cassazione, relativa
al caso di un pilota di un aereo leggero che aveva viaggiato tenendo la radio
di bordo spenta nei pressi di un aeroporto: in questo modo egli in maniera
volontaria si era precluso qualsiasi tipo di contatto con la torre di
controllo, anche se si trovava a bordo di un velivolo che non gli garantiva
capacità sufficienti a impedire una possibile collisione e che era piuttosto
lento, per di più in una zona di avvicinamento all'aeroporto a intenso
traffico. Per questo motivo, il pilota era stato ritenuto responsabile di attentato alla sicurezza dei trasporti,
proprio perché la sua condotta era stata considerata in grado di far scaturire una situazione di pericolo secondo quanto stabilito dalla norma.