313 miliardi di euro. È l’enorme montagna di esenzioni e detrazioni fiscali – le cosiddette “tax expenditures” – che è finita nel mirino della Corte dei Conti. Anche perché la cifra è cresciuta del 23% rispetto a quattro anni fa.
Le voci di detrazione sono 799, un’enormità che fa dell’Italia il secondo paese del mondo occidentale per riduzione della base imponibile. Nel 2011 le voci erano 720 e le esenzioni ammontavano a 254 miliardi di euro. La Corte dei Conti, nel suo report annuale, ha puntato il dito proprio sulle tax expenditures come causa della pressione fiscale tra le più alte d’Europa: il 43,3%, quattro punti in più della media europea.
La situazione peggiora se si considerano le singole voci d’imposizione: l’Italia ha il secondo carico fiscale più alto sui redditi da lavoro (42,8%, quasi l’8% in più della media europea); ha il terzo carico fiscale più alto sui redditi d’impresa, arrivati al 26% e quasi il 50% in più della media europea. Ciò che la Corte dei Conti segnala, inoltre, è la gestione dell’Iva che vale solo il 6% del pil (livello più basso dell’intero continente) nonostante la nostra aliquota sia tra le più alte d’Europa. La ragione è semplicissima: l’Iva è altamente evasa ed ha una base imponibile assoggettata ad aliquote ridotte che è quasi il 43% del complessivo, un livello doppio rispetto a quanto si rileva nel resto d’Europa. L’Italia è al ventiduesimo posto (con il 17,7%) nel prelievo sui consumi, il 4% in meno dell’Europa. Infine, il nostro paese si colloca al quarto posto sia per quanto riguarda il prelievo sugli immobili, sia per quanto riguarda le tasse sull’energia.
