
Non sarà più obbligatorio l’operazione chirurgica per cambiare sesso all’anagrafe. È quanto stabilisce una sentenza della Corte Costituzionale (221/2015), che delimita il campo entro cui può avvenire il cambio di sesso “ufficiale”.
Secondo la Corte, infatti, è necessario verificare un cambiamento nei caratteri sessuali, ma questo non significa che l’interessato deve a tutti i costi intervenire chirurgicamente. La sentenza in questione è stata pronunciata in merito al caso di una donna che voleva rettificare il proprio sesso, anche all’anagrafe, pur non avendo proceduto all’asportazione dei suoi organi genitali. Il giudice di primo grado si era pronunciato contro la donna, sostenendo che sia obbligatorio procedere a interventi altamente invasivi per poter cambiare il proprio sesso. Il che significa operazioni chirurgiche.
La Corte Costituzionale ha dato torto al giudice, ritenendo che l’operazione sia necessaria solo nel caso in cui il soggetto rifiuti la propria sessualità anatomica. La Corte ha anteposto il diritto alla salute del paziente all’operazione chirurgica, ritenuta per di più non necessaria. Unico paletto fissato dalla Corte è quello relativo alla non reversibilità: una volta che il cambio di sesso, a livello anagrafico, è stato portato a termine, non si può più tornare indietro. Il cambiamento di sesso deve coinvolgere, quindi, aspetti fisici e psicologici del soggetto in questione.