
Questa decisione, spiega espressamente Piazza Cavour, intervenuta proprio in una ipotesi di frodi «carosello», opera una distinzione fra le regole che presidiano l'applicazione del regime Iva, e che escludono la rilevanza dei profili invocati dall'imprenditore, e quelle che presidiano le imposte dirette; solo per queste ultime imposte la fittizietà soggettiva delle fatture non costituisce più un ostacolo insormontabile al riconoscimento dei costi relativi. In altri termini, sul fronte imposte dirette i costi sono deducibili anche in presenza della consapevolezza della falsa fatturazione.
Tuttavia, mette nero su bianco la Cassazione va «escluso che la nuova disciplina abbia eliminato i presupposti di antigiuridicità delle condotte contestate». Ma non è ancora tutto. In questa interessante motivazione la Corte precisa inoltre che la consapevolezza della frode può essere data dimostrando il comportamento anomalo dell'acquirente: in questo caso una società che era durata solo pochi mesi e che aveva avuto dei picchi di acquisto e alla fine era fallita. Di diverso avviso la Procura generale che aveva sollecitato di accogliere il ricorso del contribuente.
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