
La vicenda
Nel caso specifico, un correntista, titolare di un rapporto di finanziamento in valuta estera, ha contestato la chiusura del rapporto stesso, che sarebbe avvenuta, a suo dire, senza la sua autorizzazione. Secondo l'interessato la richiesta di chiusura del finanziamento era avvenuta in data posteriore alla effettiva chiusura, così come effettuata dalla banca. L'istituto creditizio si è difeso sostenendo di avere ricevuto l'ordine di chiusura per telefono, anche se non era stata in grado di documentare l'esistenza di tale ordine di chiusura, di cui non era riuscito a ritrovare la registrazione.
Insoddisfatto della risposta, l'interessato ha inoltrato ricorso all'arbitro bancario finanziario, chiedendo il risarcimento del danno costituito dalla differenza fra l'importo addebitato alla data di intervenuta chiusura del finanziamento e quello che sarebbe risultato in base al differente rapporto di cambio tra delle valute alla successiva data della richiesta formale (l'unica valida secondo il correntista).
Cosa dice l'arbitro
L'arbitro bancario ha dato ragione alla banca, analizzando le registrazioni effettuate dalla banca, di cui il cliente ha preso conoscenza mediante l'accesso ai servizi di internet banking e individuando i limiti e le condizioni per il loro utilizzo come prove in giudizio.
Secondo l'arbitro le risultanze informatiche delle registrazioni delle operazioni effettuate sono assimilabili ai documenti e ai libri contabili dell'imprenditore i quali, ai sensi degli articoli 2709 e 2710 codice civile, possono costituire prova a favore dell'imprenditore da cui provengono solo nei rapporti tra imprenditori, inerenti all'esercizio dell'impresa. In ogni caso, alle scritture non può riconoscersi l'efficacia di prova legale, piena ed esclusiva, trattandosi pur sempre di atti formati dalla stessa parte che mira ad avvalersene e a trarne vantaggio.
Registrazioni
come prova
Le registrazioni, quindi, possono essere utilizzate come prova in favore dell'imprenditore a condizione che non siano contestate e che appaiano attendibili alla luce degli altri elementi e delle altre risultanze probatorie.
Il problema è di verificare se i documenti sulla chiusura del rapporto in data anteriore a quella pretesa dal correntista siano suffragati da altri elementi. A questo proposito la banca ha prodotto la tracciatura del servizio di internet banking, dai cui è risultato che il ricorrente avesse effettuato una serie di accessi proprio in concomitanza con l'esecuzione dell'operazione di chiusura del finanziamento. L'arbitro bancario ne ha desunto che il correntista in concomitanza all'ordine telefonico ha voluto controllare direttamente e in tempo reale la regolare conclusione dell'operazione. Questo prova che le registrazioni contabili sulla chiusura del rapporto sono state effettuate con la piena e tempestiva contezza dell'interessato: indiscutibile, dunque, la correttezza della transazione intervenuta.
Addirittura, conclude l'arbitro, anche se il ricorrente non avesse effettivamente impartito l'ordine di chiusura, la condotta mantenuta sia nell'immediatezza dell'esecuzione dell'operazione che nelle successive settimane costituirebbe evidente volontà dello stesso di ratificare l'operato della banca.
Tra l'altro nel caso specifico il correntista non aveva contestato l'estratto conto, se non dopo 90 giorni e, quindi, una volta decorso il termine di 60 giorni previsto dall'articolo 1832 del codice civile.
© Riproduzione riservata