
I professionisti hanno un enorme potenziale creativo e d'innovazione che può contribuire allo sviluppo economico e sociale in Europa, come ha riconosciuto con grande chiarezza il commissario Antonio Tajani. L'attenzione che le istituzioni comunitarie sembrano voler destinare al settore delle professioni liberali, tuttavia non trova ancora pieno riscontro nelle politiche nazionali, contraddistinte in taluni casi – come quello italiano – da un grave ritardo culturale che impedisce la piena affermazione delle professioni nelle politiche di sviluppo e di crescita. Il quadro normativo che regola il settore delle attività intellettuali e il mercato dei servizi professionali in Europa risulta fortemente disomogeneo e tale circostanza rappresenta uno dei principali ostacoli rispetto agli obiettivi del Mercato unico e della libera circolazione dei professionisti.
Uno degli obiettivi prioritari tracciati dal Piano d'azione riguarda la semplificazione e sburocratizzazione. In questo ambito, le organizzazioni di rappresentanza dei professionisti a livello nazionale potrebbero dare un contributo diretto, mettendosi al servizio delle istituzioni al fine di individuare e realizzare gli interventi necessari a rimuovere gli ostacoli burocratici che frenano l'economia reale, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.
Un altro elemento cruciale del Piano d'azione 2020 ruota intorno alle problematiche connesse all'accesso al credito, elemento essenziale per stimolare gli investimenti e la crescita dei liberi professionisti. Gli effetti della stretta creditizia hanno causato ingenti difficoltà al regolare svolgimento delle attività professionali in Italia. La valutazione del «merito di credito» tradizionalmente improntata su dati qualitativi del cliente (conoscenza dell'attività, del titolare, puntualità nei pagamenti, reputazione...) è stata progressivamente sostituita da criteri quantitativi (bilancio, capitalizzazione, utili...) che, oltre a spersonalizzare il rapporto con la banca, hanno provocato una sorta di «declassamento» dei professionisti. Le condizioni del credito erogato dalle banche, infatti, sono strettamente correlate al «Rating» attribuito automaticamente al cliente, che nel caso di piccole imprese e di liberi professionisti si colloca nelle fasce considerate più a rischio e alle quali si applicano le condizioni più onerose. L'attribuzione del «Rating» da parte delle banche non tiene conto però del più importante asset patrimoniale del professionista, ovvero del capitale umano e del bagaglio di conoscenza e di competenza che è intrinseco al lavoro intellettuale. Sarebbe, invece, fondamentale creare un rating specifico per la figura professionale, valorizzando dunque il capitale umano quale criterio oggettivo nella valutazione del merito di credito da parte degli istituti di credito.
Ma non basta. Per facilitare le condizioni di accesso al credito da parte dei professionisti occorre adottare innovative politiche di finanziamento che favoriscano le aggregazioni tra professionisti e lo sviluppo di reti tra professionisti e imprese. Tra le prime iniziative che potrebbero essere attuate vi è sicuramente quella di garantire un migliore accesso ai fondi europei destinati alla crescita e allo sviluppo. A tal proposito, il Fondo sociale europeo potrebbe essere impiegato anche per finanziare i fondi di garanzia dei Confidi.
Il lavoro e l'occupazione giovanile è uno degli impegni prioritari dell'Unione europea. Nei Paesi comunitari la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli drammatici che rischiano di compromettere le politiche di sviluppo e di coesione sociale all'interno della Comunità europea. La situazione delicata in cui versano i giovani è in parte dovuta al mancato allineamento tra le competenze acquisite e la domanda del mercato del lavoro. Risulta determinante, in primis, affrontare tale disallineamento e colmare il gap tra competenze disponibili e fabbisogni professionali. Una strada perseguibile è quella di procedere a una mappatura a livello europeo delle situazioni di ogni singola professione, per poter svolgere poi una sorta di servizio di orientamento. In tal modo si potrebbero indirizzare i giovani verso le professioni maggiormente richieste e per le quali vi sono lacune di forza lavoro, favorendo anche la mobilità. Gli Stati membri e la Commissione devono concentrarsi su un migliore utilizzo dei fondi dell'Ue, in primo luogo del Fondo sociale europeo (Fse), per le politiche giovanili.
Iniziative per incentivare e promuovere cooperazioni e network tra i diversi attori coinvolti dovrebbero essere promosse, compresi tutti gli altri servizi di sostegno. L'internazionalizzazione sta diventando una necessità anche per i liberi professionisti, soprattutto i più giovani. Sarebbe pertanto auspicabile il lancio di un programma ad hoc per i giovani professionisti sul modello dell'Erasmus per i giovani imprenditori. Il progetto dovrebbe tenere in considerazione le specificità dei soggetti coinvolti (svolgere periodo di pratica all'estero), che potrebbero acquisire nuove e diverse competenze e migliorare le loro prospettive sul mercato del lavoro.