Non è il comune ma il Ministero a dover risarcire il danno per la violenza sessuale subito dall'alunna durante l'orario scolastico, da parte dell'operaio che stava eseguendo dei lavori su incarico dell'Ente. Questo perché è a carico dell'istituto l'obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo. Lo ha affermato la Corte di cassazione che, con la sentenza 13457 del 29 maggio 2013, ha respinto il ricorso del Ministero dell'istruzione contro la decisione della Corte d'appello di Roma che lo ha condannato al risarcimento del danno. L'operaio stava eseguendo dei lavori di manutenzione all'interno della scuola elementare su incarico del Comune. L'uomo, nel bagno delle bambine, ha abusato di una. La terza sezione civile, in linea con la Corte capitolina, ha ritenuto che il risarcimento era dovuto sia da parte dell'aggressore sia del Ministero, e non dell'ente, osservando che «il titolo della responsabilità del Ministero della pubblica istruzione, nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui dovrebbero esser sorvegliati dal personale della scuola, può essere duplice e può esser fatto valere contemporaneamente». In altri termini, il titolo è contrattuale se la domanda è fondata sull'inadempimento all'obbligo specificatamente assunto dall'autore del danno di vigilare, ovvero di tenere una determinata condotta o di non tenerla. È invece extracontrattuale se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri. Quindi, lo stesso comportamento, può essere fonte per il suo autore sia di una responsabilità da inadempimento, sia di una responsabilità da fatto illecito, «quando l'autore della condotta anziché astenersene la tenga, ovvero manchi di tenere la condotta dovuta e le conseguenze sono risentite in un bene protetto, non solo dal dovere generale di non fare danno ad altri, ma dal diritto di credito, che corrisponde ad una obbligazione specificamente assunta dalla controparte verso di lui. Quando una tale situazione si verifica, il danneggiato può scegliere, sia di far valere una sola tra le due responsabilità, sia di farle valere ambedue».