I lavoratori iscritti alla gestione separata Inps hanno diritto ai cinque mesi di maternità anche in caso di adozione, non a tre come previsto dalla legge. Lo precisa l'Inps nel messaggio n. 175/2013 in cui illustra le novità della sentenza n. 257/2012 della corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo l'articolo 64, comma 2, del dlgs n. 151/2001 (T.u. maternità). Nella questione, la Corte ha messo in rilievo la necessità di un'adeguata assistenza al minore nella delicata fase del suo inserimento nella famiglia, anche nel periodo che precede il suo ingresso nella famiglia stessa, e che tale necessità si presenta con connotati identici per entrambe le categorie di lavoratrici. A seguito della sentenza, spiega l'Inps, alle lavoratrici/lavoratori iscritti alla gestione separata che adottino o abbiano in affidamento preadottivo un minore, deve essere riconosciuta l'indennità di maternità/paternità per un periodo di cinque mesi, fermo restando i limiti di età del minore, sia in caso di adozione nazionale che internazionale. Si ricorda, in merito, che il congedo di maternità può essere richiesto dalle lavoratrici madri adottive o affidatarie per il bambino che, al momento dell'adozione o affidamento nazionale, non abbia superato i sei anni di età; in caso di adozione o di affidamento preadottivo internazionale il congedo spetta anche qualora il minore abbia superato i sei anni e fino al compimento della maggiore età. Tenuto conto dell'obbligo di fruire del congedo di maternità/paternità entro cinque mesi dall'ingresso in famiglia del minore, sia in caso di adozione nazionale che nel caso di adozione internazionale, aggiunge l'Inps l'estensione del periodo di congedo disposto dalla corte costituzionale risulta applicabile, in presenza dei requisiti richiesti per l'erogazione dell'indennità di maternità/paternità, a tutti i rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o estinzione del diritto per prescrizione.