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Lo stato non restituisce l'Iva in eccesso

del 17/05/2013
di: Franco Ricca
Lo stato non restituisce l'Iva in eccesso
Lo stato può rifiutare di restituire all'impresa l'Iva che essa non ha potuto detrarre a causa di un divieto della norma nazionale contrastante con la normativa comunitaria, qualora risulti che l'impresa non ha sopportato effettivamente il relativo onere economico, avendolo ripercosso su altri soggetti. Lo ha stabilito la corte di giustizia Ue nella sentenza del 16 maggio 2013, causa C-191/12.

Le questioni erano state sollevate dai giudici ungheresi nell'ambito di una controversia fra una società e l'amministrazione finanziaria, concernente il diniego di rimborso dell'Iva pagata su acquisti finanziati da aiuti pubblici, la cui detraibilità era stata esclusa dalla normativa nazionale in violazione del diritto comunitario, avendo la corte dichiarato, con sentenza del 23 aprile 2009, C-74/08, in contrasto con le disposizioni comunitarie sul diritto alla detrazione la norma ungherese che, in caso di acquisto di beni sovvenzionato da fondi pubblici, permette di detrarre l'Iva relativa a tale acquisto solo fino a concorrenza della parte non sovvenzionata. Nell'affrontare le questioni, la corte ha ricordato che il diritto di ottenere il rimborso delle imposte riscosse da uno stato membro in violazione di norme del diritto dell'Ue costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti agli amministrati dalle disposizioni del diritto dell'Ue. Pertanto gli stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare i tributi indebitamente riscossi, e ciò vale anche per l'Iva che il soggetto passivo non ha potuto detrarre in violazione del diritto dell'Ue.

Il diritto alla ripetizione dell'indebito mira a rimediare alle conseguenze della riscossione indebita, neutralizzando l'onere economico che ha gravato l'operatore che lo ha effettivamente sopportato. In via di eccezione, però, la restituzione può essere rifiutata qualora comporti un arricchimento senza causa degli aventi diritto; la tutela dei diritti non impone il rimborso di dazi, imposte e tasse riscossi in violazione del diritto dell'Ue quando sia appurato che la persona tenuta pagamento li ha di fatto traslati su altri soggetti. Mancando una disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso, spetta agli stati membri stabilire i requisiti in presenza dei quali tali domande possano essere presentate, nel rispetto però dei principi di equivalenza e di effettività. Quest'ultimo principio, in particolare, impone che le condizioni per l'esercizio dell'azione di ripetizione dell'indebito siano stabilite dagli stati membri in base al principio dell'autonomia processuale, cosicché l'onere economico dell'imposta indebitamente riscossa possa essere neutralizzato.

Pertanto, qualora sia stato integralmente neutralizzato l'onere economico che ha gravato il soggetto passivo a causa dell'imposta indebitamente riscossa, lo stato membro può rifiutare il rimborso di una parte di tale imposta in base alla considerazione che l'esecuzione di un tale rimborso comporterebbe a vantaggio del soggetto passivo un arricchimento senza causa. La questione se, nella fattispecie, il rimborso richiesto sia diretto soltanto a neutralizzare l'onere economico dell'imposta indebita o comporti, al contrario, un arricchimento senza causa a vantaggio del soggetto passivo costituisce una questione di fatto che rientra nella competenza del giudice nazionale.

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